In questi tempi in cui tutti parlano, spesso a sproposito, di guerra e di riarmo, pochi realmente sanno che cosa significa vivere un conflitto armato sulla propria pelle, giorno per giorno. A cercare di colmare questo vuoto, mettendo al bando la retorica e lasciando la parola alle vittime, è un docufilm, In cerca di pace di Marco Oggianu della Comunità di sant’Egidio di Rovigo e del regista Andrea Rainone, visionabile su Youtube in uno speciale di «Telepace».
Un docufilm su Francesco Saverio è l’occasione di raccontare la nascita della Compagnia di Gesù, a partire dall’incontro con Ignazio di Loyola a Parigi, proseguendo con le prime risoluzioni prese agli inizi dell’Ordine, tra cui lo scopo missionario da subito chiaro e fatto proprio.
Lo scorso luglio sono stati vent’anni dai drammatici fatti di Genova, avvenuti durante la riunione del G8. Un’occasione purtroppo persa di democrazia, partecipazione responsabile, attenzione ai veri problemi dell’umanità, protagonismo dei giovani: a farla da padrona, invece, da una parte e dall’altra della barricata, fu la violenza fine a se stessa, la paura, la distruzione fisica e morale. Qualcuno insinua persino, e forse a ragione, la sospensione dello Stato di diritto e di giustizia. Un video e delle riflessioni di chi là, allora, c’era.
La bellezza salverà il mondo? O almeno può aiutare il Kosovo, uscito da una guerra terribile, a rinascere dalle sue rovine, che sono esteriori come interiori a ogni uomo, soprattutto ai giovani? Ci ha provato, lo scorso settembre, il Mural Fest Kosovo, che ha portato a Ferizaj quindici «artisti di strada» internazionali. Hanno colorato palazzi anonimi, ma soprattutto interagito con la comunità locale. A dimostrare, se ce n’è bisogno, che cultura e rinascita sociale stanno assieme. Il regista scozzese Gillen ci ha girato un bel documentario.
Presentato alla 77ª Mostra di Venezia, rappresenterà l’Italia alla 93ª edizione degli Oscar. Il docu-film di Rosi è stato girato nel corso di tre anni sui confini tra Siria, Iraq, Kurdistan e Libano: insomma, dove abbiamo assistito inermi e terrorizzati ai peggiori conflitti degli ultimi anni. Ma, tutto sommato, di guerra se ne vede poca: il regista ce la fa respirare in presa diretta, seguendo con rispetto e passione vicende di madri, bambini feriti, terroristi in carcere, adolescenti che faticano a sperare nel futuro.
Leila e Sahand hanno commesso un grave crimine nel loro Paese, l’Iran: non sono sposati e hanno per giunta avuto un figlio, Mani, dalla loro relazione extraconiugale. Relazione adulterina e figlio bastardo, si sarebbe detto non tantissimi anni fa anche qui da noi. Ma là tutto questo è passibile persino di pena di morte.