In cerca di pace
In questi tempi in cui tutti parlano, spesso a sproposito, di guerra e di riarmo, pochi realmente sanno che cosa significa vivere un conflitto armato sulla propria pelle, giorno per giorno. A cercare di colmare questo vuoto, mettendo al bando la retorica e lasciando la parola alle vittime, è un docufilm, In cerca di pace di Marco Oggianu della Comunità di sant’Egidio di Rovigo e del regista Andrea Rainone, visionabile su Youtube in uno speciale di «Telepace». Al centro del racconto soprattutto le storie di donne ucraine, costrette alla fuga per salvare la vita dei figli, riparate in Italia, a Rovigo per la precisione, ma con il cuore gonfio di ansia e dolore, per gli uomini al fronte e i genitori anziani soli in Patria. Il docufilm è anche una storia di solidarietà e di amicizia, che ha al centro la Parrocchia di san Bartolomeo Apostolo di Rovigo, in collaborazione con alcune associazioni, la comunità ucraina della città e la locale comunità ortodossa; a sottolineare che dall’orrore si esce insieme.
La struttura del video ruota intorno ad alcune domande, in apparenza semplici: cos’è la guerra, cos’è la pace, come è stato il viaggio, il valore dell’accoglienza fino ad arrivare al messaggio di pace finale. Parlano gli uomini ma soprattutto le donne ucraine, i volontari e le volontarie, i sacerdoti, i membri delle diverse comunità, in un racconto corale che è di per sé un inno alla pace. E così Valentina ricorda il fatidico 25 febbraio 2022, all’alba, i figli ancora immersi nel sonno, una chiamata inattesa, il fratello che l’invita a raccogliere documenti e poche cose e scappare perché la guerra è iniziata. Uno shock, uno straniamento, l’incapacità di capire cosa mettere in borsa, la vita che cambia di punto in bianco, l’incertezza angosciante del futuro.
A don Andrea, parroco di san Bartolomeo, l’annuncio di una guerra in Europa risveglia ricordi sopiti: il nonno internato in un campo di concentramento, la nonna partigiana. La storia gira al brutto, un’altra volta e all’improvviso. Per Galyna questa guerra è il rinnovarsi di una vecchia ferita. La donna, infatti, è originaria di un paese vicino a Luhansk, in Donbass, dove la guerra con i russi è iniziata il 6 aprile 2014, esattamente 9 anni prima. Del giorno in cui è scappata dalle bombe con il figlio ricorda tutto: lo strazio di abbandonare la propria casa, la distruzione per strada, la gente rifugiata negli scantinati senza luce e gas, senza cibo. Un incubo che si ripete.
Il racconto passa di bocca in bocca come un mistero doloroso, finché l’angoscia piano piano trova l’argine dell’accoglienza, il balsamo della solidarietà. Non è la fine del dolore, non è neppure il futuro sperato, ma è la sicurezza di far parte di una nuova comunità, diversa eppure simile, capace di condividere, di stare accanto, di aspettare intorno al fuoco della speranza, finché la notte passi.
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