È ambientato al confine tra Namibia e Sudafrica il documentario «Safari» (2016), che segue le macabre battute di caccia di ricchi turisti austriaci e tedeschi.
Nel 2044 la società umana si è autodistrutta. Quel che ne rimane vive in un’unica megalopoli cinta da muri e controllata da androidi vigilantes sempre più simili ai loro creatori… È l’incipit del film «Autòmata» di Gabe Ibàñez.
Ispirato all’omonimo libro di Paolo Cognetti, il film è la storia di due amici, Bruno e Pietro, che si conoscono nell’infanzia durante un’estate nel paese di montagna dove abita il primo. Per entrambi, la crescita è segnata da un rapporto conflittuale con il padre e dalla ricerca del proprio posto nella vita. Una chiave del film è un apologo nepalese nel quale il mondo è rappresentato come un cerchio: al centro si trova un alto monte e attorno otto montagne. Chi interpreta meglio la vita?
In una isolata fattoria islandese nasce uno strano agnello dalle fattezze semi-umane che viene subito accolto in casa dai pastori con esiti sorprendenti. È l’inizio del film «Lamb», di Valdimar Jóhannsson.
Viene il tempo in cui anche la nostra lana va tosata e offerta a chi ne ha bisogno: è il messaggio veicolato dal film «L’agnello» di Mario Piredda (2019).
È chiaro il messaggio di questo film, primo lungometraggio del regista Renzo Carbonera: per uscire da situazioni apparentemente disperate, serve una «resina sociale», l’unica in grado di tenere unita una comunità, «microcosmo che si trova a fronteggiare una molteplicità di mutamenti (dal climatico al finanziario) che rischiano di abbattere anche i caratteri più forti».