25 Agosto 2023

La biblioteca di celluloide

La Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia taglia il traguardo delle 80 edizioni. Ha attraversato guerre, rivoluzioni, contestazioni segnando la storia dello spettacolo e del costume. La sua epopea è custodita in un immenso archivio.
La biblioteca di celluloide

© starline / freepik / Getty Images

La Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia è il festival del cinema più antico del mondo, se si escludono, per un paio d’anni d’anticipo, gli Oscar: l’Esposizione della Biennale di Venezia, come si chiamava all’epoca, fu realizzata per la prima volta nel 1932 da un’idea dell’allora presidente della Biennale Giuseppe Volpi di Misurata, a cui è intitolata la Coppa per la migliore interpretazione maschile e femminile, dello scultore Antonio Maraini e del critico Luciano de Feo, lo stesso che nel 1924 istituì LUCE, L’Unione Cinematografica Educativa. In precedenza la Coppa era chiamata «Grandi medaglie d’oro dell’associazione nazionale fascista dello spettacolo», mentre al miglior film italiano e straniero fu assegnata, fino al 1946, la Coppa Mussolini, poi Leone di San Marco e ora Leone d’oro.

Il primo anno fu inserita nell’ambito della 18ma edizione dell’Esposizione d’Arte, con formula non competitiva, organizzata sulla terrazza dell’Hotel Excelsior del Lido. Raccolse fin da subito una grande popolarità e una partecipazione sovranazionale, tanto da diventare un appuntamento annuale già dal 1935 con il Regio Decreto n. 891 del 13 febbraio 1936. Il Festival è oggi una manifestazione cinematografica di rilevante prestigio che presenta ogni anno un cartellone con opere di caratura mondiale, portando sul tappeto rosso del Palazzo del Cinema alcuni tra i registi e tra gli interpreti più affermati del nostro tempo, conservando così la tradizione che aggiunge a un programma di elevato valore artistico il fascino glamour che da sempre contraddistingue il cinema. 

Un secolo di vita italiana

Nei decenni, la Biennale Cinema di Venezia ha accumulato una quantità colossale di pellicole, foto, manifesti, lettere, pubblicazioni e altro, che costituiscono uno straordinario giacimento culturale tale da riempire due contenitori archivistici: uno al Parco scientifico tecnologico di Porto Marghera, e l’altro alla Biblioteca in calle Paludo Sant’Antonio nel padiglione centrale dei Giardini della Biennale. Qui è conservato quasi un secolo di vita italiana, non solo artistica, ma anche del cinema come fenomeno storico e del costume, di cui possiamo narrare il corso degli eventi grazie ai numerosi documenti che hanno segnato l’alternanza di gusti e mode, generato polemiche e rafforzato ideologie, costituendo lo specchio morale ed estetico dell’Italia dal 1932 in avanti.

La Mostra di Venezia, attraverso l’archivio e la cineteca, diventa l’occasione per raccontare, nello specifico, novant’anni di storia del cinema e di civiltà della visione. Lo studio dei materiali archivistici, così come compiuto nella poderosa storia redatta da Giampiero Brunetta dal titolo La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1932-2022 (Marsilio), è un tentativo di riordinare le fonti dando un senso compiuto al susseguirsi delle edizioni (quest’anno sono 80 in quanto la numerazione progressiva non rispettò la continuativa sequenza; ad esempio, nel 1946 si riprese dalla numero 8), riportando alla luce personaggi e soprattutto film di cui la memoria si era fatta silente.

Del resto, quello di Venezia è il più storico Festival sulla Terra, prima ancora di quello di Cannes che venne pensato, ma non si svolse, nel 1939 in opposizione alla competizione del Lido, in quanto Mostra diretta dal regime fascista e che, nel corso di quasi un secolo di vita, è sbocciato più volte, anche durante il secondo conflitto mondiale, quando la Biennale si trasformò in Settimana Italo-Germanica. Il 1° settembre del 1940, al cinema San Marco, con la proiezione di Opernball di Géza von Bolvary, si aprì infatti la Settimana cinematografica: in programma i film di sette nazioni, oltre all’Italia e alla Germania, Boemia, Romania, Svezia, Svizzera e Ungheria. Anche nei due anni successivi, imperversando la guerra, le proiezioni si svolsero lontano dal Lido, con la partecipazione di pochi Paesi e con la proiezione in alcune sale cinematografiche di Venezia, tra cui il Cinema Rossini.

La Mostra seppe trovare risposte ai cambiamenti sociali dettati dalla collettività divenendo, grazie alla fondazione della Biennale, società di cultura. Artefici ne sono stati i direttori che si sono succeduti (ne citiamo alcuni: Gianluigi Rondi, Guglielmo Biraghi, Gillo Pontecorvo, Felice Laudadio): ad esempio, dall’epoca del secondo mandato del direttore artistico Alberto Barbera, succeduto al sinofilo Marco Müller, il Festival non rifiuta i film prodotti per le piattaforme.

L’Archivio storico delle arti contemporanee, dal 2004 al padiglione Cygnus del Vega di Marghera in via delle Industrie 23/9, in cerca di una nuova sede, conserva le lettere, la rassegna stampa (a Venezia si sono dati appuntamento i più importanti critici, da Ugo Casiraghi a Tullio Kezich), i materiali iconografici relativi agli ottant’anni di storia della Mostra. Comprende il Fondo Manifesti, il Fondo Periodici (suddivisi con la Biblioteca dell’Asac nel sestiere di Castello a Venezia), la Cineteca, la Fototeca, la Raccolta documentaria, il Fondo storico (corrispondenza, verbali, regolamenti, relazioni delle giurie, comunicati stampa, programmi di sala, registri e schede di spedizioni delle pellicole, locandine, materiale per la redazione di cataloghi, schede dei film, inviti e accrediti); il Fondo progetti, fondamentale per comprendere la simbiosi tra il festival e la città lagunare, e altri fondi specifici sulle arti contemporanee.

L’Asac custodisce i cataloghi del programma della Mostra che dal 1958 sono stati regolarmente pubblicati mentre in precedenza vennero stampati per alcuni anni solo programmi in ciclostile. Si tratta di fondi ricchi di materiali collegati tra di loro; agli studiosi sono messi a disposizione gli inventari disponibili nella sala studio dell’archivio, palestra e luogo di indagine aperto per ricercatori che possono diventare trovatori e divulgatori, come quando fu rinvenuta la corrispondenza del giovane Stanley Kubrick che aveva esordito a Venezia con Shape of Fear. Dal 1946 iniziò la partecipazione dell’Agis (Associazione generale italiana dello spettacolo) e dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, e si infittì la corrispondenza con l’Istituto LUCE. 

Un Festival, tante Mostre

Il Festival ha una consolidata tradizione di decentramento delle proiezioni: dal 1948 al Teatro Goldoni a Venezia, dal 1981 con Esterno Notte a Venezia e a Mestre, per volontà del direttore Carlo Lizzani e del Comune di Venezia; si è corredato di mostre ed eventi collaterali come la Settimana del cinema per ragazzi, la Mostra del film per ragazzi, la Mostra del film scientifico, la Mostra internazionale del documentario e del cortometraggio (poi del documentario e del film d’arte), la Mostra internazionale del libro e del periodico cinematografico, televisivo e fotografico, la Mostra internazionale del film a soggetto, la Mostra del cinegiornale, la Mostra mercato del film, Venezia classici, la Biennale College Cinema, le tavole rotonde e i seminari. Nel 1949 venne istituita, dopo la sua morte prematura, la Coppa intitolata a Francesco Pasinetti, regista e storico del cinema, a cui è intitolata anche una sala nel Palazzo del Cinema. 

Tra le carte degli anni Cinquanta, si legge il consuntivo per le spese per la costruzione dell’arena all’aperto (oggi soppiantata dalla Sala Darsena, ex Palagalileo) mentre, tra quelle più recenti, i molti bandi e progetti per la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema, mai realizzato, in sostituzione di quello in stile razionalista inaugurato il 10 agosto 1937 e risistemato con un avancorpo nel 1952 su progetto dell’ingegnere che lo aveva ideato, Luigi Quagliata. Molto interessante la corrispondenza di Antonio Petrucci nel 1952, il direttore subentrato nel 1949 a Elio Zorzi, a cui si deve in parte la conoscenza del cinema giapponese nel mondo occidentale.

Nel dopoguerra iniziano le retrospettive, e la Mostra assume il ruolo di formatrice di generazioni di operatori culturali aprendo la strada alla storia del cinema. Il 1957 fu un anno particolarmente ricco: venne realizzata la rassegna sul direttore della  Cinémathèque Française, Henri Langlois, curatore in passato delle retrospettive sul cinema francese, quelle sul cinema inglese e la personale in memoria di Kenji Mizoguchi; fu organizzato il Convegno Cinema e teatro, di cui in Archivio si può leggere la relazione di Luchino Visconti. Il premio Lauro d’oro e la Giornata del film europeo vennero istituiti nel 1958. Tra le carte del 1959 si trova la corrispondenza di Alberto Sordi e Vittorio Gassman (La grande guerra di Monicelli si aggiudicò il Leone d’oro) e la scheda del film Hiroshima mon amour di Alain Resnais, importante per l’apporto della Nouvelle Vague.

La fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta segnarono l’apertura di orizzonti straordinari: nel 1958 la retrospettiva su Erich von Stroheim, a dieci anni di distanza dalla prima; a seguire, quella sul cinema cecoslovacco, sul cinema sovietico, sul cinema americano degli anni Venti, su Walt Disney, sul western. Del 1962 rimane il discorso del patriarca di Venezia, Giovanni Urbani, alla Messa del cinema. Dal 1963 al 1968 divenne direttore Luigi Chiarini, già presidente di giuria, con una logica di animatore culturale, ma anche di promotore della cultura cinematografica. Nel 1968 organizzò la retrospettiva sui «Primitivi» italiani, statunitensi, francesi, dedicata al cinema degli albori, proprio nell’anno della contestazione studentesca che portò Pier Paolo Pasolini a solidarizzare con la protesta manifestando l’intenzione di ritirare Teorema, film difeso dal produttore Franco Rossellini.

Nell’archivio fotografico, i repertori sono suddivisi in ordine alfabetico, secondo il nome dello studio fotografico: vi sono immagini delle location del Festival, dei registi, degli attori, dei membri delle giurie, delle madrine, dei direttori, dei vincitori del Leone d’oro alla carriera dall’anno dell’istituzione del riconoscimento, il 1969. Il patrimonio dell’Archivio viene incrementato attraverso il flusso dei materiali provenienti dagli uffici, che svolgono e promuovono le manifestazioni e le attività della Fondazione, oppure con donazioni e scambi. Per la consultazione in loco occorre prenotare, verificando le modalità sul sito www.labiennale.org/it/asac, mentre per le ricerche è possibile utilizzare il database Asacdati https://asac.labiennale.org/it sezione fondi (per il Fondo progetti, l’Asacdati rimanda al database dell’Università di Architettura Iuav) o il catalogo nazionale Opac. 

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Data di aggiornamento: 30 Agosto 2023

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Grazie, Michela

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