Algeria, martirologio moderno
La celebrazione della beatificazione di monsignor Claverie e dei suoi 18 compagni avrà luogo sabato 8 dicembre 2018, solennità mariana, nella Basilica di Santa Cruz ad Orano. È con grande gioia che vi comunichiamo questa buona notizia per la nostra Chiesa di Algeria». È l’incipit del comunicato dei vescovi algerini, che, nel settembre scorso, ha annunciato la data della beatificazione del vescovo di Orano, monsignor Pierre Claverie, e di 18 compagni, sacerdoti, religiosi e religiose, uccisi negli anni ’90 in Algeria. Tra di essi figurano i sette monaci trappisti di Nostra Signora dell’Atlante, a Tibhirine.
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, un gruppo armato fece irruzione nel monastero sequestrando i religiosi di nazionalità francese. Un mese dopo, l’atto criminale venne rivendicato da Djamel Zitouni, leader dei Gruppi islamici armati (Gia), in un comunicato in cui proponeva al governo di Parigi uno scambio di prigionieri. Il mese successivo, un secondo comunicato del gruppo terroristico annunciava la morte dei religiosi: «Abbiamo tagliato la gola ai monaci». Era il 21 maggio 1996. Nove giorni dopo vennero ritrovati i corpi.
Al loro sacrificio è stato dedicato un film uscito nel 2010 dal titolo Uomini di Dio («Des hommes et des dieux»), diretto da Xavier Beauvois. Il titolo originale, tradotto letteralmente «Uomini e Dei», si riferisce a una citazione biblica riportata all’inizio della pellicola: «Io ho detto: “Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo”. Eppure morirete come ogni uomo» (Salmo 82,6-7).
La sua spiccata sensibilità nel dialogo con il mondo islamico lo aveva portato a ricoprire l’incarico di membro del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Inoltre, aveva contribuito alla creazione della prima Lega algerina per i diritti umani e non esitava a prendere posizione su problemi della società, oltre che della giustizia e dei diritti delle donne. L’attentato contro monsignor Claverie non è mai stato rivendicato. La matrice appare comunque chiara: un gesto contro il riavvicinamento tra Algeria e Francia, che la visita ufficiale dell’allora ministro degli Esteri francese Hervé de Charette veniva a riconfermare proprio in quel giorno. Ed è insieme a lui che il vescovo di Orano era andato a rendere omaggio alle tombe dei monaci uccisi.
Ma i cristiani non erano i soli a morire in Algeria. Lo ricordava frequentemente monsignor Claverie, invitando missionari e missionarie a restare: «Anche se volessimo partire, non potremmo più farlo. Il nostro sangue si è mescolato». Lo ricordò il cardinale Bernardin Gantin, prefetto della Congregazione per i vescovi, alle esequie: «La sua morte è tragica. Essa va ad aggiungersi a quella dei diciotto religiosi che figurano sulle pagine di questo martirologio moderno. Essa si aggiunge anche a quella delle centinaia di algerini che muoiono quasi ogni giorno in questo Paese lacerato dalla violenza che nessuna causa saprebbe giustificare. E tanto meno la religione».
Emblematiche rimangono le parole di monsignor Claverie, secondo cui la sua vita missionaria «dipendeva dalla capacità d’essere donata». I cristiani dovevano comunque rimanere in Algeria e negli altri Paesi islamici, perché andarsene «avrebbe sancito il rigetto definitivo delle nostre differenze».