Amare il tempo che resta
Natale 1977. Franco Gallini, una quarantina d’anni e tre figli, gestisce con la moglie Carmen Rosset un negozio in centro a Pordenone e, come ogni anno, partecipa insieme ad altri esercenti alla raccolta fondi per le luminarie cittadine. Da sempre Franco si muove nel mondo del volontariato e della solidarietà e, forte della sensibilità accumulata in tanti anni, pensa che i soldi spesi per tutte quelle luci siano sprecati: «Tante luci che durano soltanto il breve spazio di un Natale e poi più nulla...», pensa. E così decide di cercare una «luce duratura»: promuove quindi una raccolta fondi che, insieme con la moglie, sceglie di devolvere all’Istituto Tumori di Milano. Gallini, però, si spinge anche oltre: «Per incrementare la prima raccolta – spiega Carmen Gallini, oggi, dopo la morte del marito, “anima” della realtà –, nel gennaio del 1978 Franco volle organizzare la prima “Lucciolata”, una marcia non competitiva il cui tema, sin dal nome, si ricollegava all’intuizione iniziale».
L’iniziativa pare destinata a terminare qui. E invece, relazionandosi con l’Istituto milanese, Franco Gallini viene a sapere che, tra tutti i pazienti in cura, i friulani sono i più numerosi e che in Friuli-Venezia Giulia all’epoca si muore per cancro più che in qualsiasi altra regione italiana. Così, all’associazione nel frattempo costituita da Franco e Carmen Gallini (La Via di Natale) viene l’idea non solo di sensibilizzare la popolazione friulana sull’importanza della diagnosi precoce con una serie di conferenze sul territorio, ma anche di avviare una raccolta firme per attirare l’attenzione del mondo politico e amministrativo sul grave problema, chiedendo l’istituzione pure in Friuli di un ospedale contro il cancro, su modello di quello milanese. «Era il marzo del 1979 – racconta la signora Carmen –. La raccolta firme raggiunse quota 12 mila in poco più di 12 ore: le persone avevano capito e ci stavano appoggiando».
Non solo. L’iniziativa dei Gallini trova dei sostenitori anche a livello politico. «E così venne individuata ad Aviano, in provincia di Pordenone, una struttura dismessa ancora in costruzione, che avrebbe dovuto essere nell’idea originaria un centro di riabilitazione. Era perfetta» rammenta la signora Carmen. È il 1984 quando da quelle mura prende vita il Centro di Riferimento Oncologico. Intanto la Via di Natale prosegue con le raccolte di fondi che vengono destinate all’acquisto di materiali e attrezzature mediche per il Centro.
Ma ben presto si palesa un’ulteriore necessità: l’accoglienza di quanti arrivano da lontano per accompagnare i malati. «Un giorno – ricorda infatti Carmen Gallini –, mio marito notò una mamma arrivata dalla Sicilia per accompagnare il figlio, che dormiva esausta per terra su una coperta, non potendosi permettere un soggiorno in albergo. Decidemmo che da allora in poi aiutare queste persone sarebbe stato il nostro obiettivo».
L’associazione comincia a costruire un primo prefabbricato che viene inaugurato nel gennaio del 1989: è la «Casa Via di Natale 1», con 12 posti letto, che, solo nei primi sette anni di attività, ospita gratuitamente 2.700 familiari di malati oncologici. «Da subito ci accorgemmo che la struttura era piccola per i tanti bisogni – aggiunge la signora Gallini – e così nel giro di qualche anno prese forma la “Casa 2”: 34 mini appartamenti per dare ospitalità gratuita, oltre che ai familiari, anche ai malati oncologici in day-hospital. E siccome in fase di costruzione si presentò il problema del malato oncologico in fase avanzata di malattia, la Casa si arricchì pure di un Hospice».
«In questi vent’anni anni abbiamo accompagnato nella fase terminale oltre 2.800 malati e ne abbiamo accolto gratuitamente oltre 48 mila con i loro accompagnatori. La nostra vuole essere un’accoglienza completa, che tiene conto delle necessità del corpo, della psiche ma anche dell’anima: per questo operano al nostro fianco anche dei sacerdoti e delle suore francescane elisabettine. Lo scopo di tutti noi è accogliere chiunque con umanità e tenerezza, cercando di garantire una vita dignitosa e piena, qualsiasi sia il tempo che resta da vivere. Perché in Hospice non si viene a morire, ma a vivere bene il tempo che ci attende».
La Via di Natale non ha mai avuto contributi pubblici, ma soltanto le offerte di quelle persone semplici che conoscono la solidarietà. Purtroppo anche in questo contesto il covid ha avuto forti ripercussioni: «Abbiamo dovuto sospendere le nostre Lucciolate, con conseguenti minori introiti e siamo stati obbligati lo scorso anno a lanciare una richiesta di aiuto» informa Carmen Gallini. Per questo Caritas sant’Antonio, nell’ottavo centenario del passaggio del Santo, ha deciso di supportare la Via di Natale con 10 mila euro. «Serviranno – dice la signora Carmen – per acquistare ausili per la messa in sicurezza della struttura». «In tutti questi anni – conclude Carmen Gallini – ci siamo sempre affidati alla Provvidenza che mai ci ha deluso. Ora anche voi siete entrati a far parte di questo disegno provvidenziale. Grazie».
Segui il progetto su www.caritasantoniana.org
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