Angeli. Così presenti, così divini
«L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva» (Sal 34, 8). Accamparsi è un verbo che racconta una storia intera. Vuol dire che non si tratta di un passaggio veloce, non è l’arrivo su richiesta. Non è nemmeno solo un passaggio per comunicare un ordine o una raccomandazione. L’angelo nella Bibbia è spesso il messaggero, e a questo fa riferimento il suo nome: mal’akh, messaggero, servitore inviato da altri, da Dio. Ma un angelo accampato vuol dire che rimane, c’è, ha un incarico che dura nel tempo. Il verbo è molto «materiale». Richiama il viaggio e insieme una terra, un campo, su cui restare. Accamparsi attorno dice anche protezione da tutte le parti. Quale che sia il nostro nemico. La malattia, la violenza, la povertà, la paura, soprattutto la paura, la radice dei mali. Sempre siamo circondati e protetti da chi ci salva.
Poi c’è il verbo temere. Temere il Signore. Non si sta bene nella condizione di temere, e allora qui ci serve tutta l’intelligenza della Parola che gli studi biblici ci regalano. Anche all’inizio del Vangelo c’è un angelo. Che dice: «Non temere, Maria» (Lc 1,30). Non temere, non temere. Non avere più paura è la Buona notizia. Allora il temere Dio dell’Antico Testamento va interpretato alla luce di questo non temere dell’angelo. Forse andrebbe anche diversamente tradotto. In Siracide «Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita» (Sir 1,10). Il timore che sta con la gioia è molto altro da quello che il verbo ci restituisce nella nostra lingua. È come un amore che allieta il cuore e allunga la vita. È un accogliere, lasciarsi andare a un abbraccio. Il timore dice la sorpresa e insieme la riconoscenza per questo abbraccio che viene da Dio. Scoprire l’amore che ci ha chiamati alla vita è come nascere da grandi, aprire gli occhi a una realtà che appare nuova, improvvisamente raccolta nella promessa e non può più cadere nella mancanza di senso. C’è il male, ma c’è l’abbraccio della promessa. Non tutto il nostro agire ha efficacia, a volte sembra che proprio niente cambi sotto il sole, le malattie tornano, gli uomini preparano guerre al confine e anche dentro la propria terra, là dove abita il loro bene e vivono i loro affetti, i poveri diventano più poveri, ci prepariamo a consegnare ai figli un mondo malato e a caricare le loro spalle di debiti pesantissimi. Eppure. Esiste un angelo col mandato di restare accampato. Esiste la possibilità di ricevere l’abbraccio che fa nuovo il nostro vedere. Non c’è la terra qua e il cielo là.
La teologia, nel suo parlare competente di mille pericoli, tiene ben d’occhio la linea del cerchio che preserva l’ortodossia dall’eresia. Ma in mille modi ogni giorno la nostra fede senza pretese allunga lo sguardo oltre la linea, affida l’eresia a Chi legge il nostro cuore e allora può pensare che in mille modi non siamo soli, che i genitori, i nonni, gli amici, le persone che ci hanno preceduto ora circondano le nostre vite come l’angelo accampato e ci stanno a fianco anche quando non sentiamo la terra sotto i nostri piedi e il cielo non si vede oltre la nebbia dei giorni. Non temere Maria, cielo e terra si incontrano e l’angelo lo annuncia.
Non è facile parlare degli angeli. Soffrono il fatto di essere un po’ troppo di moda, di avere nel tempo presente concorrenti magici prêt-à-porter o new age, ma nella Bibbia sono così presenti, così divini. E ci dicono che in ogni momento della nostra vita noi non siamo soli. E che un poco possiamo essere angeli per chi abbiamo vicino e anche noi riconoscerci divini.
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