Con i piedi polverosi
Ci siamo sentiti un po’ seminaristi, nella recente Assemblea della Cei, a fine maggio, accolti dall’Hotel Ergife. Inedita la struttura, scelta per motivi sanitari, che ha stupito anche papa Francesco, sempre arguto: «Siete venuti qui, per scegliere il Vescovo più bello?!».
Gioioso il ritrovarsi, finalmente tutti insieme, per narrare in reciprocità quanto abbiamo vissuto in questo anno di pandemia; è stato il vertice dell’incontro. Commovente ascoltare, con venerazione, la storia dei vescovi colpiti dal covid-19. Storie eroiche, di presuli intubati, seguiti da comunità in preghiera: «Mille ansie da parte mia, mentre saliva al cielo una catena di preghiera, rassicurante, nelle chiese e nei monasteri», ci racconta il vescovo di Pinerolo.
Tocca a noi, ora, raccogliere la lezione della storia e farne tesoro! Fraterna la gioia. Ci sembrava appunto di ritornare seminaristi. Tra amici in gaiezza di sorrisi e di sogni. L’arte di narrare, infatti, resta sempre liberante. Si fa memoria di speranza. Il trauma raccontato e ascoltato tra fratelli rende nuova la vita. Ricarica e rilancia. Condividere le sofferenze, personali, sociali o ecclesiali, ci fa sentire Dio più vicino, accanto a noi. Il nostro è un Dio che non elimina i problemi, ma li affronta con noi, ci aiuta a trasformarli, educandoci alla verità, umile e tenace, delle cose.
E questo era il primo obiettivo dell’Assemblea: imparare dalla pandemia. Da quella scuola, per diventare migliori, noi e le nostre comunità. Lezione severa è stata, che ci ha spinto in nuove dimensioni, per ridare centralità alle relazioni fraterne. Tutti, infatti, abbiamo sentito il bisogno di una maggiore vicinanza effettiva e affettiva, come preti e vescovi italiani.
Ed eccoci alla grande scelta fatta in Assemblea: «Costruire e percorrere come Chiesa Italiana un cammino sinodale che aiuti le nostre comunità a crescere nella fraternità». Non un vero e proprio Sinodo, come chiedevano alcuni. Ma un cammino, in stile sinodale. Non meno impegnativo, diverso.
Il Sinodo è quello richiesto dalla Santa Sede per l’autunno 2023, che parta dal basso, a cerchi concentrici: diocesi, nazioni, continenti, mondo intero. Produrrà un documento, con scelte precise. Il cammino sinodale, invece, si concentra sulle attività ordinarie, rilancia i luoghi comuni, rende effettiva la comunione nelle parrocchie e nelle diocesi, affina i cuori, purifica gli animi.
Non è un evento ma uno stile. Non produce documenti; punta invece sul cambiamento del cuore e degli occhi. Non è una cosa in più; è un modo diverso di vivere le cose. Vuole creare una feconda missione pastorale, tramite una intensa comunione fraterna. Il Sinodo è occasionale. Il cammino è permanente, con i piedi polverosi!
All’interno di questa scelta, riprendono vigore i Sinodi già fatti o in atto nelle singole diocesi, che verranno coordinati in sinergia. Anche quello della nostra piccola e operosa diocesi di Campobasso-Bojano, concluso da qualche mese: «Conquistati dalla gioia per il vangelo, come Maria di Magdala».
Quattro anni di lavoro, riassunti in un bel volumetto, il Liber Sinodalis, che evidenzia sei doni, come sei petali di un grande fiore: la terra alleata, il cuore rimotivato, la casa aperta alla vita, la famiglia che trasmette la fede, le vette che conquistano i giovani e il dolore redento in Maria Addolorata di Castelpetroso. Un lavoro lungo e fecondo. Ricco di sorprese, poiché il Sinodo ci ha abituati a navigare a vista.
Con il soffio dello Spirito in poppa. Proprio a quel vento dunque, nel cammino sinodale, noi impariamo a orientare le vele delle nostre Chiese in Italia. Non ci resta che lanciare le reti!
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