16 Luglio 2020

Da Bergamo a El Alto, l'ultimo saluto a monsignor Scarpellini

Per ricordare il vescovo di El Alto, in Bolivia, stroncato dal Coronavirus, riproponiamo una delle sue ultime interviste, rilasciata a Marinellys Tremamunno per l'edizione italiana per l'estero del «Messaggero di sant'Antonio». 
Mons. Eugenio Scarpellini

É mancato nella mattinata di mercoledì 15 luglio, all'età di 66 anni, monsignor Eugenio Scarpellini. Per ricordare il vescovo bergamasco di El Alto, in Bolivia, stroncato dal Coronavirus, riproponiamo una delle sue ultime interviste, rilasciata a Marinellys Tremamunno e pubblicata nell'edizione italiana per l'estero del «Messaggero di sant'Antonio» di luglio-agosto.


Fede e democrazia

La Chiesa è stata protagonista dei negoziati che hanno portato la pacificazione della Bolivia dopo le dimissioni di Evo Morales. E, nonostante abbiano una posizione critica verso l’attuale governo di Jeanine Añez, i vescovi continuano a lavorare alla ricerca di spazi di dialogo che possano aiutare a risolvere i problemi più urgenti della popolazione, peggiorati dopo l’emergenza Covid-19. Il quadro della situazione è così incerto che la Fondazione cattolica «Jubileo» ha lanciato l’allerta per 1,8 milioni di persone a rischio di soffrire la fame come conseguenza del blocco economico, vale a dire il 15 per cento della popolazione che versava già in condizioni di estrema povertà prima dell’arrivo del Coronavirus.

Per capire cosa accade in Bolivia e come si vive la transizione, è preziosa la testimonianza di monsignor Eugenio Scarpellini, bergamasco d’origine ma vescovo della diocesi di El Alto, città dove si sono verificati i più forti scontri subito dopo le dimissioni di Evo Morales, nel novembre 2019. «Abbiamo visto un sorgere di violenze di gruppi pagati, gruppi precostituiti, per mettere in crisi il Paese – afferma Scarpellini –. In quel periodo abbiamo vissuto una lotta intestina, popolo contro popolo. Una parte voleva la democrazia, l’altra difendeva un regime con la violenza», osserva il vescovo ricordando i saccheggi che hanno tenuto sotto scacco la città.

La pacificazione della Bolivia è stata possibile grazie alla mediazione della Chiesa locale (rappresentata da monsignor Scarpellini e dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Aurelio Pesoa), delle ambasciate dei Paesi dell’Unione europea, dell’Organizzazione degli Stati americani e dell’ONU. Oggi i boliviani «hanno voglia di camminare verso la democrazia effettiva e vera», dopo «un periodo di quattordici anni di imposizioni».

Monsignor Scarpellini vive in Bolivia da trentadue anni, e non può nascondere la sua preoccupazione per la situazione attuale, perché «il popolo si sente tradito». I boliviani «volevano un impegno di unità per ricostruire il Paese e invece stiamo vedendo che c’è divisione. Questo fa pensare, ancora una volta, agli interessi di partito e personali, per cui la gente sta chiedendo che i politici siano capaci di svestirsi di tutti questi interessi per pensare al bene del Paese». Nonostante i tanti problemi irrisolti, monsignor Scarpellini sottolinea che il popolo ha tanta speranza: «La gente – conclude – si è aggrappata alla fede per portare avanti la lotta per il recupero della dignità e della democrazia».

Data di aggiornamento: 16 Luglio 2020
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