Che cosa significa per un cristiano fare i conti con la morte? Che valore dare al proprio impegno quotidiano se tanto poi tutto finirà? L’autore, vescovo di Livorno ma anche esperto catecheta, lo spiega rimettendo al centro della nostra fede il Paradiso. Perché il Paradiso è… Cristo! Lo fa in maniera teologicamente esatta, ma con linguaggio accattivante. Con la testimonianza del buon ladrone, Maria e tanti altri santi, tra cui Francesco d’Assisi e san Massimiliano Kolbe.
«C’è voluto tempo, molto tempo, perché i miei occhi riuscissero ad aprirsi, ammesso che oggi siano veramente aperti. È terribile constatare come, in mezzo a tante sofferenze, la cura del mantenimento dell’autorità e dell’ordine sociale ci impedisse di scoprire e denunciare le ingiustizie. Stavamo là a predicare la pazienza, l’obbedienza, l’accettazione delle sofferenze, in unione alle sofferenze di Cristo. Grandi virtù, senza dubbio, ma in quel contesto facevamo il gioco dei dominatori».
Per ricordare il vescovo di El Alto, in Bolivia, stroncato dal Coronavirus, riproponiamo una delle sue ultime interviste, rilasciata a Marinellys Tremamunno per l'edizione italiana per l'estero del «Messaggero di sant'Antonio».
In questi mesi, i nostri vescovi hanno fatto giungere le loro Lettere pastorali nelle comunità cristiane. È vero che questo strumento è «di prassi» nelle nostre diocesi, ma probabilmente – per fortuna – sta sempre più cambiando rispetto a certi documenti del passato così autoreferenziali, scritti in stretto ecclesiastichese, teologicamente più che esatti ma praticamente incomprensibili o almeno ben lontani dalla vita concreta delle persone, da durare… un bel niente (e ancor meno essere letti, forse dagli stessi parroci?).