«The Fall». Aspettando l’Apocalisse
Guerre, epidemie, calamità naturali e le inquietanti lancette vicine alla mezzanotte del punto di non ritorno dell’«orologio della fine del mondo» (il famigerato Doomsday Clock), hanno riportato d’attualità il tema dell’Apocalisse. Perfino l’aggettivo apocalittico che deriva dal titolo del libro più sconvolgente della Bibbia, gode di una certa fama ormai consolidata. Infatti lo si ritrova spesso sui mass media, associato a tragici episodi di cronaca o di terrorismo, a eventi meteorologici particolarmente nefasti, e perfino a risultati sportivi negativi, e in genere a tutto ciò che scompagina certezze, che distrugge realtà consolidate, che irrompe con forza e violenza nelle nostre vite per farne strame. A volte è difficile riportare alla ragionevolezza il nostro inconscio più suscettibile a queste soverchie minacce, per cui l’imminenza del materializzarsi di qualcosa di catastrofico e potenzialmente irreversibile, tende per sua natura a esasperare le paure più ancestrali degli esseri umani, spingendoli a compiere scelte a volte irrazionali come quella di costruirsi avveniristici ripari sotterranei, o a rifugiarsi in sette millenariste, oppure ad attendere che il destino si compia come qualcosa di ineluttabile mentre finora, a dispetto di presunte minacce esterne, ogni «apocalisse terrena» è sempre stata la più o meno velata, o diretta, conseguenza di azioni umane scellerate se non folli.
A raccontare le reazioni umane a ciò che l’inconscio fa percepire come il terrore per la fine di tutto, ci ha pensato la fotografa Giulia Mangione nella mostra «The Fall», allestita fino al 18 febbraio alla Triennale di Milano.
Mangione, fiorentina, vive e lavora a Oslo, in Norvegia, e usa la multimedialità per esplorare il concetto di identità e appartenenza. Ha esposto i suoi lavori in musei e gallerie di tutto il mondo. Dopo un master in letteratura alla Goldsmiths University di Londra, ha conseguito un master in Fine Arts alla Art Academy di Bergen (Norvegia), e un diploma in Advanced Visual Storytelling alla Danish School of Media and Journalism di Århus. Il suo libro Halfway Mountain (Journal, 2018) è stato selezionato per il Prix du Livre a Les Rencontres d’Arles, e nominato per il MACK First Book Award.
La mostra «The Fall» è curata da Ilaria Campioli e Daniele De Luigi. Il lavoro di Mangione è approdato nel capoluogo meneghino dopo aver vinto la decima edizione di «Giovane Fotografia Italiana - Premio Luigi Ghirri», nell’ambito del festival «Fotografia Europea» di Reggio Emilia, svoltosi nell’aprile del 2023 all’interno della mostra «Appartenenza», a Palazzo dei Musei.
Con il disincantato obiettivo della sua macchina fotografica, Mangione ha investigato, in giro per il mondo, sui miti e sulle credenze che gravitano attorno al tema dell’Apocalisse, dalle Isole Canarie agli Stati Uniti, fino all’isola greca di Patmos dove sarebbe stato scritto il Libro dell’Apocalisse.
ll timore si placa quando le persone vivono la propria appartenenza a una comunità, o professano una fede religiosa. Ecco, dunque, che il trascendente, seppure mitigato dal mistero e dalla fede, diviene motivo di rassicurazione di fronte a una minaccia esterna. Che l’umanità rischi l’estinzione a causa di un conflitto nucleare o di un devastante meteorite, donne e uomini di ogni latitudine sembrano non perdere fiducia nei propri valori e li mettono al servizio della comunità. Colorita e vivace è anche la galleria di tipi umani che vivono, talvolta in modo personale e originale, nell’attesa che si verifichi una catastrofe globale. Oltre ai gruppi religiosi si contano sodalizi di survivalisti, di cosiddetti preppers cioè persone che si preparano a un’emergenza, fino ai cultori del bunker come ultima spiaggia per la salvezza della specie. Gli incontri di Mangione sono accompagnati da fotoritratti, racconti, testimonianze, interviste, e da appunti di viaggio.