Antonio in Algarve
Il viaggiatore arriva da Padova ed è convinto di saperne attorno a sant’Antonio. Non è il suo primo viaggio in Portogallo e sa bene che qui Antonio è nato. Ha visitato la sua casa natale. Ne conosce la storia e la venerazione. Molte case hanno accanto alla porta di ingresso azulejos, piastrelle smaltate, dalle tonalità azzurre, che ritraggono il Santo con il bambino in braccio. Devozione profonda, popolare. Diffusa in ogni quartiere delle città e nei paesi delle campagne. Antonio, qui, è pregato con allegria. Nei giorni della sua festa, nel quartiere di Alfama, a Lisbona, si arrostiscono oceani di sardine.
Il viaggiatore sa che a Lagos vi è una chiesa importante dedicata ad Antonio. Lagos è la più grande città dell’Algarve, la regione più a Sud del Portogallo. Un paese, in realtà: poco più di trentamila abitanti nei mesi dell’inverno. Tra il XV e il XVI secolo fu il porto dal quale partirono le caravelle alla scoperta del Nuovo Mondo e alla conquista del vasto impero portoghese. Questa era una terra di pescatori e contadini. Oggi è una regione «internazionale»: la lingua più diffusa è l’inglese. Turisti e vacanzieri in estate; d'inverno nei ristoranti si incontrano pensionati europei e americani.
Ha una brutta storia Lagos: fu il primo mercato della tratta europea degli schiavi. Josè Saramago, il grande scrittore portoghese, premio Nobel, per togliersi «le acredini» del ricordo di quel mercato di uomini e donne, ha raggiunto, tra le stradelle acciottolate del paese vecchio, la chiesa di sant’Antonio. Lo scrittore è giunto alla fine del suo «Viaggio in Portogallo» e ha già visto decine e decine di talha dourada, di intagli barocchi, di sculture lignee dorate, capaci di far risplendere le chiese del Portogallo. Ma rimane esterrefatto quando entra in questa piccola chiesa che, da fuori, non sembra conservare capolavori.
Ecco le parole di Saramago: «Gli intagliatori hanno perso la testa: tutto quanto il barocco inventato si trova qui». Gli occhi dello scrittore sanno dove posarsi, sono esperti, ma i miei no, si perdono in questa meraviglia, tanto il decoro delle quattro pareti è sovrabbondante, eccessivo, esaltante. Sono decine e decine le piccole statue policrome di angeli e putti che giocano con animali e pesci. È una chiesa piccola, una sola navata, appare più destinata a una distrazione sacra che non a una preghiera raccolta. Poi il viaggiatore pensa che questo è il segno della fede portoghese verso Antonio.
La statua del Santo è sopra l’altare. Sorregge il Bambino e due angeli la illuminano con le loro fiaccole. Questa piccola chiesa sembra molto più grande: «Il soffitto – una volta a botte – è dipinto con un’audace prospettiva che prolunga le pareti in una verticale». Fu costruita nei primi anni del ‘700. Danneggiata nel terremoto del 1755. Ricostruita e restaurata dalle autorità militari della regione. In fondo, qui apprendiamo una storia che non ci era nota: Antonio ha avuto una carriera militare, arruolato nell’esercito portoghese a metà del ‘600. Vi è rimasto, arrivando al grado di generale, fin ai primi del ‘900. Ha ricevuto perfino uno stipendio. Il viaggiatore è perplesso. Non approfondisce.
Si esce dalla chiesa con negli occhi la bellezza. E si ha già in mente un giorno per il ritorno in questo Sud: il 13 giugno, giorno del Santo. Qui, in Portogallo, Antonio è nato e questo giorno (anniversario della sua morte, avvenuta il 13 giugno 1231) è più gioioso che non in Italia. Le processioni sono una festa. La chiesa di Lagos oggi fa parte di un bel museo, ma in quel giorno speciale dell’anno torna a essere il luogo dove celebrare la messa. Credo che il sacerdote a cui spetterà questo compito sarà felice di cedere all’emozione di pregare in questo luogo.
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