«Il Signore (...) è il giardino del Padre, è la terra benedetta, dove qualunque cosa seminiamo, ricaveremo il centuplo» (Sant’Antonio, Sermoni, V Quaresima 14).
Ottant’anni fa, presso il bunker della Gestapo di piazza Oberdan a Trieste, dava la sua vita padre Placido Cortese, frate minore conventuale della Basilica del Santo.
A piedi lungo «l’ultimo cammino» di sant’Antonio, che si snoda da Camposampiero a Padova Arcella, con un gruppo di giovani dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
Chissà quante volte è capitato di non riuscire ad addormentarsi, di girarsi e rigirarsi tutta la notte. E quando ci sono cose che ci affliggono, problemi, ansie, fatiche, decisioni da prendere, soluzioni che non arrivano, la mattina non arriva mai.
Accanto ai padri della Sma e alla loro gente in una delle zone più povere della Liberia, in Africa occidentale, proprio quando il Paese sta iniziando un nuovo corso. Al centro i bambini e i ragazzi, speranza di futuro.
Al tempo di Francesco la morte era una presenza quotidiana, oggi è allontanata e virtualizzata. L’Assisiate ci riporta alla realtà e ci sprona ad affidarci, perché Sora morte è il culmine della vita.