Lo studio proposto non vuole essere sistematico, ma piuttosto evocativo: l’obiettivo è quello di far emergere alcune somiglianze tra la spiritualità ebraica e quella di Francesco d’Assisi. L’analisi dei testi mostra una attenzione dell’assisiate alla pagina biblica, specialmente alle «parole e ai nomi» di Dio, un utilizzo del tau, ultima lettera dell’alfabeto ebraico, e di un saluto («pace e bene») che molto ricorda lo shalom.
La chiusura del monastero porta due suore di clausura a «reinventare» il proprio carisma di vita contemplativa. Rivive così un’antica pieve con canonica, che diventa un’oasi di pace e di preghiera tra le colline aretine.
Proseguiamo il viaggio alla scoperta dei santi francescani. Dopo san Francesco d'Assisi, sant'Antonio di Padova, santa Chiara, san Giuseppe da Copertino e san Massimiliano Kolbe, è la volta di santa Beatrice da Silva. Chi era in parole semplici?
A ricordarlo, don Antonio Biancotto, cappellano delle due carceri veneziane. Che sottolinea come sia importante non confondere mai la persona con ciò che di male ha compiuto.
«Vedendo che urgeva per il popolo il tempo della raccolta della messe, Antonio (...) congedate le folle andò alla ricerca di luoghi propizi al silenzio e si recò, per amore della (...) solitudine, nel luogo denominato Camposampiero» (Vita assidua 15).
Contemplare come Francesco significa accogliere con il cuore quel che alla nostra vista si offre, con semplicità, grati, consapevoli che ogni creatura ha in sé un disegno divino, della cui ricchezza non si può che restare estasiati.