I cancellati
La storia è quella di Zala, ragazza madre. Il 2 maggio maggio 1992, alla clinica di Ljubljana dov’era andata a partorire, la giovane scopre con stupore di non essere più presente nel sistema informatico. Non esistono né lei né il suo bimbo appena nato. Stessa sorte, negli anni ’90, per oltre 25.600 sloveni che si videro annullare la carta d’identità.
Zala è un personaggio inventato. Tutti i personaggi del libro lo sono. Ogni somiglianza con persone reali è soltanto casuale e involontaria, scrive Mazzini. Quello che fa, invece, la differenza, è che «molti degli avvenimenti e dei destini descritti purtroppo non lo sono».
La storia di Zala, e con essa le vicende di questo romanzo, sono il racconto di tante vite cancellate. Cosa succede quando ci si ritrova all’improvviso fuori dal sistema? Possono deportarti, requisirti casa, sottrarti tutto, persino l’identità e un figlio.
Proprio come è capitato a oltre 25.600 persone (più dell’1 per cento della popolazione della Slovenia di allora), e tra questi più di 5 mila bambini, che hanno perso, da un giorno all’altro, le basi legali dell’esistenza. Derubati di tutti i diritti legati allo status di residenza, come il permesso di lavoro, i diritti sociali (l’assicurazione sanitaria e pensionistica), i diritti per la casa e, di più, l'identità.
I loro documenti (per la maggior parte redatti in Slovenia) divennero non più validi. Furono in gran parte distrutti, spesso nelle prefetture locali e, per la maggior parte, con l’inganno: le persone venivano citate per andare a sistemare una qualche questione legale o esibire un documento personale. In quell’occasione, gli impiegati statali, obbedendo a ordini superiori, prendevano con la forza carte di identità, tessere sanitarie, assicurazioni e le tagliavano.
Nel 2006 undici cancellati, con l’aiuto di alcuni attivisti e anche di due legali italiani, hanno denunciato la Repubblica di Slovenia al Tribunale europeo per i diritti umani. Nel giugno 2012 il Tribunale ha finalmente accertato la violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
«Intorno a questo atto di pulizia etnica amministrativa, come l’hanno definito alcuni, che ha contrassegnato profondamente il carattere etico del processo di indipendenza sloveno continuano ancora a scontrarsi pareri opposti – scrive nella postfazione Lana Zdravković, ricercatrice, giornalista, attivista politica e artista –. Ma le eventuali speculazioni sul fatto che la cancellazione sia avvenuta o meno e l’indifferenza di taluni sulla questione sono decisamente pericolose… le conseguenze sono state terribili e, a livello individuale, non è possibile porvi rimedio.
Le vite distrutte e perdute non possono essere restituite da nessuna legge, nessun risarcimento, nessuna giustificazione».