I miei figli in piazza con Greta?
«Caro direttore, ho due figli di 16 e 18 anni a cui ho sempre cercato di trasmettere i veri valori e la capacità di dare la giusta priorità alle cose. Al momento, mi sembra, senza grandi risultati. Si sa che l’adolescenza è una fase difficile, in cui si cerca la propria identità staccandosi dalla famiglia. Tuttavia, pur volendo loro un mare di bene, mi sorprendo a pensare che io e mio marito alla loro età eravamo più maturi e responsabili. Io, in particolare, sono un’attivista per i diritti umani fin da giovanissima. Ai miei figli – e ai loro amici –, invece, sembra che tutto sia dovuto e che la dimensione dell’impegno sociale sia irrilevante. E, mio malgrado, percepisco la loro indifferenza o, meglio, la loro lontananza come un fallimento, come una mia incapacità di far capire loro l’importanza di spendersi per una buona causa. Pochi giorni fa, tuttavia, sono andati con i compagni di classe alla manifestazione di Greta Thunberg, la ragazzina svedese simbolo della lotta della loro generazione contro i cambiamenti climatici.
Mi ha fatto piacere, ma confesso di aver avuto un dubbio. Dal momento che non li ho mai sentiti discutere sul tema, la loro partecipazione mi è sembrata più una moda e una possibilità di saltare la scuola che un convinto impegno…».
Laura C. – Roma
Cara Laura, inizio a risponderle come non si dovrebbe, ovvero con una domanda: che cosa sappiamo davvero delle nuove generazioni? Se stiamo all’ultima ricerca dell’Osservatorio di Pavia, molto poco.
I telegiornali li presentano essenzialmente in tre modi: protagonisti di fatti di criminalità, di cronaca (per esempio, incidenti) oppure vittime o carnefici in episodi di bullismo. Basta entrare in un bar o ascoltare i discorsi nei mezzi pubblici per sentire riconfermato il cliché: sono superficiali, dipendenti dagli smartphone, disimpegnati.
Ma noi che visioni del mondo abbiamo offerto per motivarli? Da anni diciamo loro che probabilmente avranno un futuro peggiore del nostro, con meno lavoro, meno certezze, più violenza e con un equilibrio ecologico gravemente compromesso.
Poi arriva un fenomeno come Greta Thunberg, capace di riempire le piazze di ragazzi e di richiamare alla responsabilità il mondo adulto. Un fenomeno che manda in pezzi lo stereotipo. E gli adulti che fanno? In molti casi giudicano, senza mai entrare nel merito delle questioni: Greta è «telecomandata», salta la scuola per protesta invece di istruirsi, è una meteora creata da internet, ha la sindrome di Asperger (una forma di autismo), poverina.
Esempi che mi dicono che c’è un corto circuito sottotraccia tra le generazioni. Lo scontro giovani-adulti è una dinamica normale nelle società, ma è indubbio che oggi c’è qualcosa di diverso, di più dirompente.
Ciò che prima cambiava lentamente, oggi muta in un attimo, accelerato dalle nuove tecnologie. Per la prima volta nella storia non è mai stato così difficile immaginare il futuro, tramandare il sapere, condividere i valori. E tutto questo provoca paura negli adulti e distacco nei giovani.
Forse dovremmo abbandonare la tentazione di definire e prevedere, la presunzione di sapere a priori quale sia la via migliore e accettare una volta per tutte che i nostri ragazzi, oggi più che mai, siano un mistero. Un mistero da cui non prendere le distanze, bensì da accompagnare, da capire, da rileggere con occhi meno giudicanti.
Se non ci stancheremo di svolgere il nostro compito educativo, con pazienza e passione, sono convinto che i pezzi buoni della nostra eredità – esempi, parole, valori – si ricombineranno con i loro in un nuovo imprevedibile Dna esistenziale, i cui frutti potrebbero essere sorprendenti.