Il bene tenace in Mozambico
È tenace il bene. Non arretra di fronte alle difficoltà e agli umani errori. Caparbio, il bene, anche a Matola, ultimo spicchio di Mozambico al confine con Sudafrica e Oceano Indiano.
Caritas Antoniana non è nuova all’impegno a queste latitudini, in particolare a sostegno dell’istruzione, per corrodere quel 60 per cento di analfabetismo che affligge il Paese (ma al femminile si sale al 75 per cento…) e offrire un futuro migliore alla tribolata società mozambicana.
Così, quando le suore francescane stimmatine giungono alla Basilica del Santo nell’estate 2017 con in valigia il sogno di creare un Centro professionale, una scuola di taglio e cucito, l’idea fa subito breccia. «Ci sono state donate delle macchine da cucire e altre attrezzature – scrive la generale, suor Encarnación Lobato –. Occorrono due sale per dare risposta alle necessità e realizzare un intervento di evangelizzazione e di sviluppo integrale».
È appena dal 2008 che le stimmatine sono presenti a Matola, ma è bastato loro poco tempo per rendersi conto dell’allarmante situazione, dove l’analfabetismo si mischia alla disoccupazione, la povertà alla violenza, la precarietà di salute (imperversa l’aids) alla disgregazione familiare, con numerose ragazze madri e donne sole con figli abbandonate a se stesse. Può davvero fare la differenza coinvolgerle in un percorso professionalizzante, di due anni, nel Centro che dovrebbe funzionare da scuola di sartoria, ma dove imparare anche ad allevare animali da cortile, intrecciare giunchi e canne per creare semplici oggetti d’uso, ricevere nozioni di cucina, educazione domestica e sanitaria.
Caritas Antoniana non si tira indietro, e mette a disposizione 28 mila euro che copriranno circa i due terzi del necessario. Sulla carta sembra tutto in ordine: si prevede di cominciare ad accogliere le ragazze (una cinquantina) già nel giro di 5-6 mesi, quando l’edificio dovrebbe essere completato. Doverosi i condizionali, perché ritardi e intoppi sono dietro l’angolo. Quei mesi non basteranno nemmeno per ottenere l’autorizzazione all’apertura del cantiere: dal Mozambico le suore costernate scrivono che «le cose camminano a passo di tartaruga», la burocrazia sembra sorda agli appelli, «si preferisce privilegiare gli interessi personali piuttosto che quelli comunitari».
Ringraziando Dio, la situazione si sblocca a fine 2018, quando finalmente i lavori prendono il via. Dal Mozambico arrivano resoconti parziali e foto della struttura che cresce, mattone dopo mattone. Gli intoppi sono ormai alle spalle, il bene tenace ha la meglio, seduce e coinvolge, con tanti attori a rimboccarsi le maniche: il terreno lo ha donato la diocesi; la parrocchia locale organizza una raccolta fondi, per assicurare il trasporto della sabbia e della ghiaia, dei mattoni e dell’acqua necessari al cantiere; alcuni parrocchiani si offrono come muratori; lo Stato garantirà lo stipendio degli insegnanti formatori; le suore animano e coordinano il tutto. Nessuno, isolato, sarebbe stato in grado di realizzare il Centro! Ma insieme, animati dallo Spirito, le difficoltà si appianano e si può crescere, fino ad arrivare all’inaugurazione, il 21 maggio di quest’anno. Una grande festa!
Suor Marie Josè Kabue, responsabile del Centro, invia a Padova una commovente lettera colma di affetto: «“Grandi cose ha compiuto il Signore per noi” (Sal 126). Con queste parole vorrei iniziare il mio ringraziamento alla Caritas Antoniana di Padova, perché grazie a voi oggi possiamo gioire insieme, dare segni di speranza a tante donne e giovani, le quali arrivavano prima ancora che la struttura fosse finita», impazienti di cominciare la nuova avventura. «In un modo semplice e familiare – prosegue il suo racconto suor Marie – ci siamo radunate nelle sale del Centro per la benedizione e il ringraziamento al Signore per le sue meraviglie».
È presente anche suor Madeleine Kabedi, consigliera generale che, rivolgendosi alle donne del villaggio, così le esorta: «La struttura è frutto della donazione dei fedeli di sant’Antonio di Padova, impegnati nell’aiutare i Paesi poveri come il nostro. Ora, voi siete la garanzia che tutto possa proseguire bene. Ho visto e ho gioito per la vostra premura... È importante che continuiate anche nel futuro a essere le collaboratrici delle suore, che sono qui per voi e con voi».
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