Il coraggio di Ilaria ad Amatrice
Centinaia di volontari sono arrivati ad Amatrice già nella notte del terremoto, il 24 agosto. Una presenza che non ha bisogno di retorica per essere capita. Hanno lavorato per aiutare chi aveva (e ha ancora) bisogno, ciascuno secondo le proprie capacità. Professionisti dell’emergenza e volontari, insieme, senza distinzioni.
Una di loro la conosco bene. Ilaria è una psicologa de L’Aquila che sa cosa si prova in quei momenti. Il 6 aprile del 2009, nel «suo» terremoto perse la sorella, poco più giovane di lei. «Da allora mia sorella è quella sulle fotografie», scrisse, non accettando di definire altrimenti la sua assenza. Non l’ho mai sentita declinare un verbo al passato in riferimento a lei. Nella vita di Ilaria, Claudia c’è sempre.
Subito dopo la scossa del 24 agosto ha cercato il modo per aiutare, perché «non potevo fare diversamente», confida. All’alba aveva già offerto disponibilità al pronto soccorso e al centro trasfusionale. Poi si è rivolta a «Psicologi per i Popoli», un’associazione accreditata presso la Protezione civile, che l’ha accolta. Ilaria ha un ottimo curriculum e una lunga esperienza nel sostegno alle vittime di traumi violenti, come quelli che affronta con i rifugiati in fuga dalle guerre.
Ad Amatrice ha assistito i parenti nell’identificazione dei corpi dei propri cari, nelle tende adibite a obitorio. Le storie che racconta potete immaginarle (o forse no). Bisogna amare e rispettare le persone per farlo, oltre a essere competenti.
I corpi erano chiusi dentro sacchi, allineati e numerati. Prima e dopo la certezza della perdita, una presenza di sostegno è fondamentale. «Non esiste un modello di comportamento per trovare sintonia – spiega Ilaria –. La mia esperienza mi ha aiutata, senza bisogno di raccontarla. Nella costruzione di un rapporto è importante osservare, ascoltare, prestare attenzione ai dettagli. Fondamentale è dire sempre la verità. Ho cercato di dare parole al dolore. Ora però è necessario continuare il processo di recupero, che sarà molto lungo».