Il disincanto dell’infanzia
Festa di matrimonio. Sposi e invitati riuniti in un ristorante. La consueta allegra e rumorosa eccitazione fa seguito al minimo di compostezza richiesta al mattino durante la celebrazione delle nozze. I bambini si scatenano e mangiucchiano qualcosa, ma appena possono saltano dalle sedie per scappare nel vicino giardino.
Il pranzo è, almeno per me, di una lunghezza insopportabile. Sto a tavola volentieri ma, per quanto la compagnia sia piacevole, non riesco a rimanere seduto più di tre quarti d’ora.
Al termine della seconda ora, la vista del cibo che continua ad arrivare a getto continuo, le chiacchiere interminabili e la forzata immobilità, cominciano a diventare eccessive per uno un po’ orso come me. Guardo con una punta di invidia i bimbi che, con sollievo degli adulti, se ne vanno a giocare fuori del salone.
Quando, dopo non meno di tre ore, il pasto giunge al termine, il tempo buono e la temperatura gradevole spingono anche i più pigri a sciamare nel giardino dove li attende un gruppo di quattro stagionati ma bravi musicisti che suonano e cantano brani rock degli anni Sessanta e Settanta, graditi anche ai più giovani tra i presenti.
Appesantiti come sono dal cibo e dalle abbondanti libagioni, i presenti non osano lanciarsi nel ballo, ma si limitano a ondeggiare a tempo, e a cacciare qualche urletto quando riconoscono il brano suonato dai quattro attempati rocchettari.
Davanti al piccolo palco dei musicisti, c’è uno spazio vuoto destinato, nelle intenzioni degli organizzatori, al ballo. Qui, finalmente, avviene qualcosa che rende per me memorabile questa festa.
Una graziosa bimbetta di non più di 3 anni, si stacca dal gruppo degli invitati e attraversa lentamente lo spazio, leccando un gigantesco gelato al cioccolato che le impiastriccia il visetto. Sembra del tutto perduta nel godimento di quella delizia ma, arrivata a pochi metri dal band leader – un chitarrista americano che deve aver conosciuto tempi migliori –, si ferma e rimane come folgorata davanti a lui. Lo fissa con gli occhi spalancati dalla meraviglia, e dimentica il gelato che si inclina pericolosamente in avanti. Il chitarrista le sorride e attacca con maestria e vigore Guitar Man di Elvis Presley.
La bimba comincia a ondeggiare al ritmo dell’orchestrina. Non si sta esibendo, non vuole fare spettacolo, sta solo seguendo il tempo con la massima naturalezza. Per lei, in quel momento, c’è solo la musica. Il gelato cade a terra, lei balla a meraviglia, il chitarrista e i suoi colleghi reagiscono con entusiasmo alla grazia di questa piccolissima fan, e il ritmo si propaga inarrestabile per tutto il giardino.
Anche i più anziani tra gli invitati non resistono, e battono a tempo le mani. A questo punto la bimba si volta e vede che tutti stanno guardando lei, e l’incanto finisce. Non è più rapita dal ritmo e dalla musica, ma è uno dei tanti bambini che si esibiscono e fanno spettacolo per far contenti i grandi.
La lezione mi è stata chiara: la grazia, la spontaneità e la naturalezza sono frutto di un incantamento che sperimentano, di tanto in tanto, tutti i bambini. Il resto, l’applauso degli adulti, l’esibizione, lo spettacolo, sono umanamente comprensibili, possono far piacere, ma segnano anche il disincanto e l’entrata nella realtà.