Il grido di Madre Terra
«Se impariamo ad ascoltarla, notiamo nella voce del creato una sorta di dissonanza. Da un lato, è un dolce canto che loda il nostro amato Creatore; dall’altro, è un grido amaro che si lamenta dei nostri maltrattamenti umani». A parlare è papa Francesco nel suo Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato (1 settembre). «Il dolce canto del creato ci invita a praticare una "spiritualità ecologica" (Lett. enc. Laudato si’, 216), attenta alla presenza di Dio nel mondo naturale - continua il Pontefice -. È un invito a fondare la nostra spiritualità sull’"amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale" (ibid., 220)».
«Purtroppo - continua papa Francesco -, quella dolce canzone è accompagnata da un grido amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella madre terra che grida. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un "antropocentrismo dispotico" (Laudato si’, 68), agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio. Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i nostri fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori, i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte, lanciando "un grido che sale al cielo" (Esort. Ap. postsin. Querida Amazonia, 9). Infine, gridano i nostri figli. Minacciati da un miope egoismo, gli adolescenti chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta».