Il sogno del ritorno
Sono le otto. La campanella suona e la porta dell’aula magna si apre: il professor Federico Formenti entra in classe. Le sue lezioni sono tra le più gettonate e i suoi allievi fanno a gara per averlo come tutor. È nato per insegnare. Sa comunicare entusiasmo e alimenta la curiosità. Spinge i ragazzi allo studio, alla ricerca, proiettandoli verso il futuro.
Ci sediamo, idealmente, tra il suo pubblico di giovanissimi e gli chiediamo come sia arrivato a essere professore associato del King’s College di Londra, prestigioso ateneo in cima alla lista delle Università britanniche, e regolarmente nelle prime quaranta al mondo.
«A Verona, mia città natale – spiega Federico Formenti – la facoltà di Scienze Motorie era agli albori quando mi sono laureato all’inizio degli anni Duemila e quindi ho deciso di continuare gli studi all’estero per la specializzazione unendo due miei interessi: lo sport e l’investigazione. L’Inghilterra, patria di Conan Doyle di cui sono sempre stato grande ammiratore, era la piattaforma ideale da cui partire».
Ottiene, quindi, una borsa di studio a Manchester e lì non solo studia per il dottorato, ma affina la ricerca sulla locomozione umana, in particolare la fisica meccanica applicata al movimento. Si interessa anche di sci di fondo e ice skating, non per seguirlo da spettatore o praticarlo, ma per studiarne gli effetti al fine di migliorare le prestazioni umane. Si trasferisce, poi, a Oxford dove per quattro anni si occupa di studi sul ruolo dell’ossigeno nel metabolismo umano, per poi prendere posto da ricercatore ad Auckland, in Nuova Zelanda.
Nel 2010 Formenti, desideroso di tornare in Italia, cerca di ottenere una cattedra nella sua materia, ma non ci riesce a causa della burocrazia interna. Nonostante la delusione, non perde l’aplomb e continua serenamente il suo percorso. Alziamo ancora la mano per capire quale sia la differenza tra i nostri atenei e quelli inglesi: «Per poter insegnare qualcosa di nuovo ai giovani – dice il professore – , bisogna investire nella ricerca. In Inghilterra c’è questo spirito anche se la Brexit ha creato non poche difficoltà e grande incertezza sui fondi che il governo erogherà in futuro agli atenei. In questo Paese esistono ottime università (nel triangolo d’oro di Oxford, Cambridge e Londra) e altre meno importanti. Le nostre università si collocano a un livello medio alto e quindi è possibile formarsi in modo completo e competitivo anche in Italia».
Allora perché andare all’estero? «Perché permette di allargare i propri orizzonti e aiuta a migliorare il proprio inglese!». Formenti è molto legato alla sua famiglia (è sposato e ha una bambina) e alle proprie origini veronesi: «Vorrei poter tornare a vivere vicino ai miei genitori – continua – e curarmi di loro come loro hanno fatto con i nonni e vorrei che mia figlia crescesse nel nostro Paese che è la culla della cultura occidentale mediterranea».
Tanta passione per l’Italia è controcorrente in un momento in cui i giovani tendono a fuggire: «Potrei portare in Italia – aggiunge ancora – il bagaglio di esperienze maturate all’estero e soprattutto il senso del dovere nei confronti delle generazioni che, completando gli studi, si affacciano al mondo del lavoro. Sono loro che, attraverso le tasse, pagano i nostri stipendi, e noi siamo responsabili del mondo che lasciamo loro in eredità».
Gli chiediamo un parere sulla Brexit: «Non conosco nessun collega al di sotto dei 65 anni che abbia votato per uscire dall’Europa. Credo in un mondo basato sui valori dell’accoglienza e della condivisione. In un Dio che apre le porte e non le chiude. In questo momento attendiamo, con un certo nervosismo, le mosse del governo per la negoziazione dell’uscita dalla Ue» (anche se nel momento in cui scriviamo l’Alta Corte ha congelato il processo). Magari nel frattempo Formenti riuscirà a tornare a Verona e il nostro Paese si arricchirà di uno studioso e docente che può davvero fare la differenza nel mondo accademico italiano.