Incidenti di percorso

Anche ad Antonio è capitata una di quelle batoste in cui ci si sente crollare il mondo addosso e si pensa di aver sbagliato tutto nella vita…
23 Ottobre 2020 | di

«Il Marocco! Alfine ci siamo…», avrà pensato tra sé Antonio, sbarcando sulla spiaggia di quel sogno tanto vagheggiato tra gli olivi che attorniavano la chiesetta di São António dos Olivais, ancor prima che sulle coste sabbiose di quel Paese abitato da miscredenti. In fin dei conti, non era proprio quello l’unico luogo al mondo dove voleva finire? E nel senso tutto letterale e drammatico di «finire la vita», morire martire, essere ucciso per il Vangelo?

Non era esattamente proprio questo l’ultimo privilegio che aveva chiesto e ottenuto, quando al momento di farsi frate minore aveva altresì rinunciato a tutti i privilegi? Nei giorni lunghi dell’attesa, mentre la nave lo stava portando lì, avrà più e più volte ripassato a mente il racconto delle mirabili gesta di Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto, i cinque protomartiri francescani uccisi solo qualche mese prima, e proprio dove anche lui si stava dirigendo deciso. Che cosa vuol dire andare dritti a cacciarsi nei guai!

«Com’è morire per Gesù? Come lo sarà per me?»: ma se per la prima domanda Antonio poteva rifugiarsi in circostanziate e teologiche risposte esatte, per la seconda brancolava ancora nel buio più pesto. L’entusiasmo, che sosteneva la sua ferma volontà, c’era a sufficienza: non stava offrendosi per la cosa migliore che potesse capitare a un cristiano?! Avrebbe versato il suo sangue, questo era certo; come, si trattava solo di aspettare la piega che avrebbero preso gli eventi. Già, questo è il punto, l’imprevisto di Dio in agguato…

Dopo solo pochi giorni, probabilmente passati a imparare qualche parola in arabo e a guardarsi in giro, Antonio si ritrova a… letto! Una malattia, forse febbre o magari un virus intestinale, ma tanto quanto basta per mettere seriamente in forse il progetto di martirio. Sogni di gloria evangelica che svaniscono come nebbia al sorgere del sole, ma anche meno: sogni umani, in vista dei quali uno ha già dato una svolta importate alla propria vita, che sfuggono come sabbia dalle mani che pensavano di poterli trattenere stretti in pugno. Una di quelle batoste in cui ci si sente crollare il mondo addosso, quando ci si domanda se per caso non si sia proprio sbagliato tutto nella vita, e avevano ragione quelli che ci avevano consigliato di non farlo, di non andare, che era meglio se si restava dove si era, e che loro ce l’avevano detto ecc. ecc. ecc.

Possibile che uno stramaledetto insignificante virus abbia il potere – e chi gliel’ha concesso? – di mandare in malora tutto?! «Fallimento, vuoto, assenza di prospettive future: meglio tornarsene a casa»: Antonio, che andava perdendo di giorno in giorno le sue forze neanche fosse un sansone tosato, avrà concluso con simili pensieri il suo ragionamento. Effettivamente, che vittoria c’è nella sconfitta? Che cosa di buono può venirne da un male?

Eppure, quando siamo smazzati come carte, quando svoltiamo gli angoli spigolosi e non cercati della vita, capiamo probabilmente che possiamo pur sempre imparare daccapo: che abbracciare è diverso da afferrare, anche se trattasi di un progetto di vita religiosa o di un indubitabile obiettivo spirituale. E forse è proprio quello che è successo ad Antonio in quel preciso istante: pensare, anche solo per l’istante di un battito di ciglia, che a condurre i giochi in realtà non siamo noi. Che, forse, abbiamo presunto di esserlo stati fin qui, ma dalla consapevolezza della propria inadeguatezza e fragilità non potrà più essere lo stesso. E che un limite, una ferita, diventano un istante di verità, un trampolino di lancio: «Penseranno che sei caduto, ed invece stai guardando il cielo» (Gio Evan). Ripartire da qui?

 

Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»! 

Data di aggiornamento: 23 Ottobre 2020
Lascia un commento che verrà pubblicato