Influenza, come proteggersi?
L’anno scorso si stima abbia colpito oltre 8 milioni di italiani. Più di 800 sono finiti in rianimazione, e di questi circa 200 hanno perso la vita. Questo dato sulla mortalità si riferisce tuttavia ai soli casi di persone ricoverate in ospedale, in cui la diagnosi è stata confermata con l’isolamento del virus. Si tratta, quindi, della punta dell’iceberg rispetto alle migliaia di vittime che l’epidemia provocherebbe ogni anno nelle case private o nelle residenze per anziani. I casi più gravi, infatti, riguardano persone di una certa età o già affette da altre malattie come tumori, diabete, patologie respiratorie o cardiovascolari croniche. Un altro dato fa riflettere: quasi due pazienti su dieci di quelli ricoverati in terapia intensiva sono giovani, precedentemente sani, e tra di essi vi sono alcune donne in gravidanza.
I dati presentati dall’Istituto superiore di sanità alla fine della scorsa stagione invitano a premunirsi rispetto alla nuova influenza che sta per iniziare, di cui non è possibile prevedere l’andamento. Di anno in anno, queste cifre fluttuano in relazione ai tassi di vaccinazione, ma soprattutto a seconda della virulenza dei ceppi circolanti e a quanto riesce, di volta in volta, a intercettarli il vaccino, di cui, per consentire i tempi di produzione, occorre stabilire la composizione molti mesi prima.
I virus influenzali, infatti, sono «trasformisti», modificano di continuo il loro aspetto ricombinandosi tra loro. È per questo che occorre riadattare ogni anno la composizione dei vaccini, cercando di azzeccare i ceppi prevalenti in ogni stagione in ciascun emisfero. Non sempre si riesce, soprattutto quando intervengono mutazioni significative a processo di produzione iniziato. Inoltre, i vaccini antinfluenzali, diversamente da quelli rivolti contro altre malattie, sono anche poco efficaci, nel senso che la loro protezione non dura a lungo e, anche quando colpiscono il segno, proteggono in media solo la metà circa delle persone vaccinate. Questa percentuale scende ulteriormente oltre i 65 anni, popolazione in cui, per questa ragione, si consiglia il prodotto adiuvato, contenente una sostanza capace di scuotere con maggiore energia il sistema immunitario che negli anziani è meno reattivo.
Il vaccino, inoltre, quando funziona, difende solo dai virus influenzali veri e propri, non dalle decine di altri agenti infettivi che possono provocare febbre, tosse e raffreddore. Perché allora lo si continua a raccomandare? Perché ogni anno l’entità dell’epidemia è tale che anche solo dimezzare il numero dei casi, o perfino ridurlo di solo il 30 per cento, significa risparmiare vite umane, ricoveri, costi sanitari e sociali per i milioni di persone che sono costrette ad assentarsi dal lavoro anche per le forme meno gravi riguardanti loro o i loro figli. Forme meno gravi che comunque comportano una settimana a letto e una spossatezza che si trascina per parecchi giorni.
È bene quindi che si sottopongano alla vaccinazione tutti coloro a cui è raccomandata: le persone che hanno già compiuto 65 anni, oppure quelle che, a qualunque età, soffrono di malattie croniche, le donne in gravidanza, chi è a contatto con questi individui a maggior rischio, familiari od operatori sanitari, oppure altre categorie di lavoratori secondo le indicazioni del ministero. Da quest’anno si comincia anche a discutere l’opportunità di offrirla ai bambini oltre i 6 mesi, come avviene in altri Paesi, dal momento che i più piccoli rispondono meglio alla vaccinazione e sono i più importanti diffusori del contagio.
Non sono tuttavia da trascurare gli altri consigli raccomandati dalle autorità sanitarie: lavarsi spesso le mani con acqua e sapone, usare fazzoletti di carta e gettarli subito dopo l’uso, abituarsi a tossire e starnutire nel cavo del gomito e non nella mano, evitare di viaggiare o andare al lavoro ammalati, per non diffondere ulteriormente il contagio.