La «monument woman» italiana
Il suo primo incontro con l’arte è avvenuto in una chiesa. Fino a diventare una vera passione, con la curiosità tipica di chi sa di rivivere un momento storico fatto di genialità e bellezza. Barbara Caranza, restauratrice, è genovese d’origine. Dal 2008 è nell’esercito per la «Cultural Property Protection» con il compito di salvare beni culturali in aree critiche. Attualmente è in forza al Genio Guastatori, nell’8° Reggimento della Brigata Folgore.
Racconta con entusiasmo la sua esperienza e il delicato lavoro che le compete: «Fin dagli anni del liceo mi sono appassionata alla storia, affascinata soprattutto dall’antico. Frequentavo già le botteghe dei maestri restauratori ed ero incantata dal loro lavoro certosino». Un mondo che ha imparato a conoscere e ad amare anche nella sua esperienza di scout, e nei viaggi con la sua famiglia. «Ho soggiornato in eremi e abbazie dove mi sono appassionata ancora di più all’arte e al restauro».
Alle spalle vanta anni di studi universitari prettamente scientifici: biologia, chimica, fisica, tecnologia dei materiali. «Se poi si decide di investire la propria professionalità nell’esercito e diventare ufficiali della Riserva selezionata, allora ci vuole anche un grande spirito di sacrificio, unito a tenacia e determinazione». A 42 anni, Barbara ha già al suo attivo esperienze da fare invidia a chiunque. Si va da un lavoro faticoso, meticoloso, su affreschi, stucchi, pietre di un palazzo cinquecentesco, fino al recupero di frammenti di opere d’arte tra le macerie di un terremoto o in zone di conflitto. Con il compito di messa in sicurezza dei reperti, catalogazione e successivo restauro.
«Il nostro lavoro – sottolinea – non sostituisce quello dell’artista che ha creato un’opera. Piuttosto, dobbiamo saper riconoscere e rispettare l’originale». Sono state diverse le missioni di Barbara anche fuori dall’Italia, dove ha collaborato con altri connazionali: in Arabia Saudita, Francia, Spagna, Svizzera, Giappone, Olanda. A Barcellona è stata impegnata nella realizzazione di elementi lapidei della Sagrada Familia di Gaudì, e a Parigi si è interessata ad alcuni restauri nella cattedrale di Notre-Dame. Sta collaborando, poi, con varie municipalità dell’Arabia Saudita. Barbara è anche presidente e fondatrice della onlus «CHIEF», Cultural Heritage International Emergency Force. Lo scorso novembre ha ricevuto l’incarico dal ministero dei Beni culturali italiano, dopo concorso pubblico, di restauratrice nel laboratorio umbro «Deposito di Santo Chiodo» di Spoleto.
«Portare a termine un restauro dà grande soddisfazione perché il risultato è tangibile. E tramandiamo alle future generazioni la nostra storia». Ai giovani, Barbara consiglia impegno nello studio, acquisizione di nuove conoscenze, ma soprattutto umiltà e onestà. «Andare all’estero – aggiunge – apre la mente al contatto con altre culture. Serve a capire meglio la nostra stessa cultura. Penso alle mie esperienze in Arabia Saudita o in Giappone: culture molto diverse dalla nostra, ma altrettanto affascinanti». Barbara parla di un mondo ricco di storia, quasi a volerlo abbracciare tutto «perché l’arte – conclude – è davvero patrimonio dell’intera umanità».