La santità e le ferite
Pace e bene cari amici in cammino e in ricerca vocazionale.
Ogni anno, il 29 novembre, tra noi frati e suore e laici legati alla spiritualità di san Francesco si ricordano i santi dell'Ordine francescano.
Volendo parlarvi di questa nostra bella ricorrenza, parto da una riflessione nata in me, durante una recente visita ad una mostra, mentre ammiravo un'opera piuttosto enigmatica di un artista del '900, Lucio Fontana. A lettere semplici e «scolastiche» e piane e azzurre, questi sulla tela scrive: io sono un santo. Il quadro in realtà è tormentato da tagli e ferite e, fra parentesi, in alto si legge in matita un "non" ( io "non" sono un santo). Sul retro invece, a lettere ocra, l'autore scrive: io sono una carogna.
Non mi reputo di certo un esperto di arte contemporanea, ma pensando ai giovani in discernimento che seguo, mi è piaciuto scorgere in quest'opera una provocazione: da un lato ecco l'anelito genuino scritto nel cuore di tanti alla santità e alla vita religiosa, vale a dire, ad una vita attratta dal Signore Gesù e ispirata al vangelo e ai grandissimi ideali francescani, dall'altra anche la fatica e i dubbi e gli ostacoli e le incertezze e le tentazioni e i peccati e le ferite che pure fanno parte del loro vissuto (come del vissuto di ciascuno!).
Più in generale, quest'opera mi pare davvero rappresentativa della nostra umanità, segnata insieme dal male e da tante contraddizioni, eppure sempre anche dalla Grazia e dalla presenza del Signore, se sappiamo riconoscerlo e invocarlo e affidarci a Lui. Emblematici a questo punto mi sono sembrati quei tagli profondi e quelle incisioni che trapassano da parte a parte l'opera di Fontana; quasi un ponte possibile fra bene e male; fra il davanti e il retro, il visibile e il nascosto; passaggio e varco alla Luce e alla Grazia verso le zone più oscure e negative di noi.
Da frate francescano, il mio pensiero è andato allora alle stimmate di Francesco, ai buchi dei chiodi della croce nelle mani e nei piedi di Gesù, alle ferite che inevitabilmente trapassano anche ciascuno di noi. Ferite che, in Gesù e solo in Gesù, possono trasformarsi in feritoie dove Lui può passare e risanare e ridare senso e nuova vita; piaghe che in Lui si trasformano in opportunità e rinnovata speranza, lacerazioni che solo per Gesù diventano occasioni di perdono e compassione e amore verso noi stessi e gli altri.
Questo cari fratelli è il cammino più autentico verso la santità. Non ci è chiesto infatti per essere tali una vita disincarnata e asettica o una perfezione irraggiungibile, ma il coraggio e l'umiltà di guardare a noi stessi in verità e accoglierci con misericordia, lasciandoci continuamente trasfigurare e riplasmare e illuminare e ammaestrare dal Signore Gesù. È un cammino dietro a Lui da iniziare ogni giorno con fiducia e letizia di cuore.
A Lui sempre la nostra Lode.
fra Alberto (fra.alberto@davide.it)
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