La semina miracolosa

Due pellegrini vengono in Basilica e chiedono di poter parlare con un frate. Vogliono raccontare una storia incredibile, che ha a che fare con una semina...
17 Gennaio 2020 | di

È il tardo pomeriggio di una domenica di ottobre. Dopo una settimana di intensa attività pastorale e lavorativa, fra Giancarlo si sta concedendo una mezz’ora di lettura nella propria camera, nel convento del Santo. Squilla il telefono, fra Giancarlo risponde. È la portineria: avvisa che in parlatorio c’è una coppia di mezz’età che vorrebbe parlare con un frate. «Abbiamo una storia da raccontare», hanno confidato i due al portinaio.

Fra Giancarlo scende subito le scale per non far attendere troppo i due ospiti, secondo la migliore tradizione dell’accoglienza francescana. I due coniugi avranno tra i 40 e i 50 anni. Sono venuti in visita a sant’Antonio, nella sua Basilica, per dirgli personalmente il loro grazie. Ma la gratitudine personale non basta. Loro vogliono che tutti conoscano l’incredibile storia di devozione che lega da sempre la loro famiglia ad Antonio, e che si è rinnovata di generazione in generazione.

Nel silenzio del parlatorio, fra Giancarlo si mette in ascolto. È il marito a prendere per primo la parola: «Padre, siamo venuti al Santo per ringraziarlo di aver vegliato sulla nostra famiglia. Mi scusi se sono confuso, ma solo una settimana fa ho accompagnato mio padre in cimitero e il dolore è ancora profondo. Non potevamo però non venire subito, perché la scoperta che abbiamo fatto pochi giorni dopo la morte di mio padre, e quanto accaduto in seguito, ci ha confermato che davvero il Santo è stato ed è presente nella nostra vita e in quella di chiunque a lui si rivolga».

Comincia così un racconto che ha inizio ben ottant’anni prima. All’epoca, il papà del nostro pellegrino aveva appena 5 anni. Figlio di contadini, era solito seguire i genitori al lavoro nei campi, quando il tempo lo consentiva: mentre loro aravano, seminavano, falciavano, lui se ne stava in un angolo a giocare. Il racconto continua: «Quella volta il nonno stava seminando. Dopo aver arato e gettato i semi del frumento, i contadini passavano sul terreno un rullo di pietra del peso di nove quintali, che serviva a mandare in profondità il seme e a far sì che la terra si assestasse sopra di esso in vista dell’inverno. Mio papà osservava attento i buoi che a fatica trascinavano il pesante attrezzo. Curioso, pensò di avvicinarsi un poco, per vedere meglio, ma un piede in fallo lo fece scivolare e in un attimo finì sotto il rullo. Il nonno, la nonna e tutti i presenti cominciarono a urlare e a disperarsi. Raccolsero il piccolo sotto choc: sul terreno c’era ancora impressa la sua sagoma. Lo portarono subito a casa, mentre qualcuno andava a chiamare il medico, il quale arrivò di corsa e lo visitò subito. Il dottore non credeva ai suoi occhi: il bambino si era preso solo un bello spavento, ma nessun arto, nessun altro osso o gli organi interni parevano avere nulla. “Non so spiegarmi come sia accaduto – disse al nonno –, credo che solo l’intervento divino possa aver protetto vostro figlio. Andate ad accendere un cero alla Madonna!” furono le sue parole di commiato. Il nonno si ricordò in quel momento dell’invocazione che aveva innalzato al cielo nel momento in cui aveva visto scomparire il figlio sotto il rullo: “Sant’Antonio ti prego aiutaci!”. Così, disse alla moglie: “Dobbiamo ringraziare sant’Antonio. È stato lui a salvare il bambino”».

«Da allora Antonio divenne presenza assidua nella famiglia – confida il pellegrino a fra Giancarlo –. Il nonno e la nonna continuarono a pregare il Signore attraverso di lui ogni giorno, chiedendogli di non far mancare mai la sua protezione alla famiglia e trasmisero questa loro profonda devozione anche ai figli. Pure mio papà è stato sempre legato a sant’Antonio: la sua non era una devozione superficiale, si vedeva che il rapporto era profondo. A noi figli non ne spiegò mai la ragione. Lo abbiamo scoperto io e mia moglie quando, nei giorni scorsi, dopo la sua morte, abbiamo preso in mano le carte che custodiva gelosamente in un cassetto. In un piccolo quaderno aveva annotato questa incredibile storia. Lui era un uomo schivo, ma non voleva che questa vicenda e la protezione miracolosa che gli aveva elargito sant’Antonio venissero dimenticate con la sua morte».

Fra Giancarlo si sorprende con un sorriso sulle labbra: quante storie, piccole o grandi, simili a questa ha ascoltato nella sua vita! Eppure lo stupore si rinnova ogni volta come fosse la prima. Per la «grandezza» di sant’Antonio, certo, ma anche per l’affetto che vede puntualmente dipinto sui volti dei tanti pellegrini che affrontano chilometri e disagi pur di rendere il loro grazie al Santo.

Ciò che il frate ancora non sa, però, è la fine della storia, che viene affidata alla moglie del pellegrino, fino a quel momento rimasta in silenzio: «Sa padre, è successa anche un’altra cosa per noi incredibile. Quando, terminato il funerale di mio suocero, le pompe funebri ci hanno chiesto che cosa volevamo fare di un grande cesto di fiori che era stato donato per la triste occasione, noi rispondemmo che, poiché in cimitero si sarebbe rovinato ben presto, lo portassero pure in chiesa, davanti all’altare della Madonna. Ma quando poi andammo anche noi in chiesa per ringraziare il parroco della sua presenza al funerale, non trovammo il cesto davanti all’altare della Madonna bensì davanti a un altare laterale sui cui troneggiava una statua di sant’Antonio! Può immaginare il nostro stupore. Ne chiedemmo spiegazioni al parroco stesso, il quale ci disse che era stato lui a dire agli addetti delle pompe funebri di metterlo lì, dal momento che sant’Antonio quel giorno non aveva fiori a ornare il suo altare. Si potrebbe dire che sia stato un caso, però noi, padre, siamo sicuri che è stato sant’Antonio a guidare il parroco nella sua decisione, quasi a voler rimarcare che il legame con mio suocero e la nostra famiglia era ed è reale e autentico».

Terminato il racconto, i due coniugi sono raggianti: con le loro parole hanno reso testimonianza ad Antonio. Hanno affidato la loro vicenda nelle mani di un frate, un confratello del Santo: sono certi che lui saprà che cosa farne. E fra Giancarlo, ancora sorridente mentre rivive quel dialogo per noi, ha pensato bene di affidarlo a queste pagine, perché tutti i lettori conoscano una vicenda davvero straordinaria nella sua ordinarietà.

Perché non sapremo mai davvero quali siano gli interventi miracolosi di Antonio. Di certo ci sono esperienze che non si spiegano, ci sono storie che non si possono comprendere fino in fondo se non con gli occhi della fede, quella semplice ed essenziale che rende lode al Signore per ogni giorno donato su questa terra e che porta ad affidarsi a Lui con l’immediatezza di un bimbo.

 

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Data di aggiornamento: 17 Gennaio 2020

1 comments

28 Gennaio 2020
mi chiamo antonio, perché mia mamma era molto devota al Santo. Ora ho tanto bisogno di aiuto sia economico che psicologico e prego sempre Padre Pio e Sant'Antonio. Pregate per me.
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di Antonio

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