L'ambulatorio della speranza

Periferie al centro. Da quasi tre decenni Doris Barreto lavora nei barrios di Caracas in Venezuela. Conosce la povertà. E soprattutto i poveri.
09 Giugno 2016 | di

Doris Barreto vive a Caracas, Venezuela. Lavora nei barrios (baraccopoli) da quasi trent’anni. Conosce la povertà. E soprattutto i poveri di cui ammira l’inspiegabile inventiva per «distrarre» la fame, almeno per un po’. Quando nemmeno le loro ardite acrobazie riescono, sostiene, è il tempo di preoccuparsi. Come ora.

«La situazione è precipitata negli ultimi mesi – racconta –. Lo capisci dai piccoli gesti. Le classi sono dimezzate: le mamme lasciano dormire i bimbi fino a tardi perché così fanno un unico pasto, a mezzogiorno. Al consultorio, il numero di pazienti con il colesterolo alle stelle è passato da 15 a 50: ormai si mangia solo farina, l’unico prodotto più o meno accessibile. La gente ti lascia la ricetta della medicina sul tavolo, tanto è introvabile».

Emergenza sanitaria

L’ambulatorio di La Quinta – dove Doris è impegnata per la rete dei centri cattolici Avessoc – è un punto di osservazione privilegiato del dramma venezuelano. Mentre lo scontro tra il governo del presidente Nicolás Maduro e l’opposizione si inasprisce giorno dopo giorno, il Paese scivola nel baratro. L’inflazione ha raggiunto il record del 180 per cento e non sono solo gli scaffali dei supermercati a essere vuoti: in farmacia manca tutto.

Anche le scorte degli ospedali sono esigue, attrezzature e macchinari non possono essere riparati e l’assistenza medica è ridotta al minimo. Si parla ormai di emergenza sanitaria, acuita dall’epidemia di zika e dengue. Le vittime più fragili sono le persone con meno risorse. Quelle che frequentano La Quinta, appunto.

Cure gratuite per indigenti

Il centro offre cure gratuite in particolare a una comunità di 400 famiglie indigenti. «Non abbiamo alcuna attrezzatura – spiega Doris – e perfino i prodotti base, tipo cerotti, garze e cotone, sono una rarità. Il problema più grave, però, è la mancanza di farmaci. I pazienti hanno ripreso a curarsi con le erbe. Sembra di essere tornati indietro di un secolo, quando non c’erano medicine».

Per esempio, aggiunge Doris, gli ipertesi prendono uno spicchio di aglio al giorno per abbassare la pressione e i diabetici sostituiscono l’insulina con gli infusi di tira, una pianta locale. «C’è anche qualcuno che cura il cancro con le foglie di guayaba. È evidente che in alcuni casi le erbe possono essere d’aiuto, ma in altre... Eppure – conclude –, che cos’altro possono fare?».

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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