Le novità della Messa

Ormai ci hanno fatto l’abitudine, ma non sono stati pochi i fedeli che, partecipando alla Messa lo scorso 29 novembre, sono rimasti spiazzati da alcune novità introdotte dal «nuovo» Messale. Ce ne parla don Giorgio Ronzoni.
24 Gennaio 2021 | di

Le più conosciute sono senz’altro quelle che riguardano il Padre Nostro: la frase «Non ci indurre in tentazione» sostituita da «Non ci abbandonare alla tentazione» e un «anche» in più («Come anche noi li rimettiamo»). Ma non sono solo queste le novità proposte dal Messale riveduto, introdotto lo scorso Avvento. Ormai le conosciamo e preferiamo perciò soffermarci sulla ratio che ha guidato queste modifiche e lo facciamo con l’aiuto di don Giorgio Ronzoni, teologo pastorale, parroco di Santa Sofia in Padova e docente di catechetica e teologia pastorale presso la Facoltà Teologica del Triveneto. Don Ronzoni è anche autore di numerosi volumi, tra cui Il Padre Nostro è tradotto bene? (2019) e «Prendi e leggi», anzi: no! Piccolo vademecum per chi inizia a leggere la Bibbia (2020). 

Msa. Don Ronzoni, che cos’è questo «nuovo» Messale Romano? 
Ronzoni. Si tratta in realtà non di un «nuovo» Messale ma di una nuova traduzione del Messale di Paolo VI. Ed è in pratica la terza versione di quello che è stato pubblicato per la prima volta nel 1969 (con Paolo VI, appunto), per la seconda nel 1983 e ora in questa nuova traduzione. In realtà non ci sono grandi cambiamenti sostanziali, direi che piuttosto sono state fatte tante piccole modifiche. Quella che ha fatto più scalpore probabilmente riguarda il Padre Nostro, che è la preghiera recitata da tutti. La traduzione che noi abbiamo usato finora risale al XIX secolo (e non rappresentava nemmeno l’unica traduzione nella storia) ed era senz’altro più fedele al messaggio evangelico dal punto di vista letterale, ma meno da quello concettuale. La versione precedente, in pratica, suggeriva quasi l’idea che fosse Dio a porci nella tentazione, cosa che è negata in tutto il Nuovo Testamento e, in particolare, nella Lettera di San Giacomo, dove si dice esplicitamente che Dio non tenta nessuno. Dobbiamo ricordarci che il Nuovo Testamento è stato scritto in greco 2 mila anni fa, riportando il messaggio di Gesù che era stato espresso probabilmente in aramaico oppure in ebraico e di cui non abbiamo l’originale… Inoltre, già nel Nuovo Testamento abbiamo due versioni diverse della preghiera, quella secondo Luca e quella secondo Matteo. Quindi non è strano se oggi, così com’è avvenuto nel corso dei secoli, la traduzione del Padre Nostro è stata modificata. Poi, forse, ha stupito pure il cambiamento introdotto nel Gloria («pace in terra agli uomini, amati dal Signore» sostituisce il vecchio «pace in terra agli uomini di buona volontà»): prima, seguendo la traduzione di san Girolamo nella volgata, attribuivamo il «buon volere» (benevolentia) agli uomini, mentre oggi i biblisti propendono per attribuirlo a Dio, per il quale siamo noi uomini e donne a essere oggetti di benevolenza e quindi «amati», appunto, dal Signore. E hanno destato interesse pure i cambiamenti dettati da un desiderio di maggiore inclusività (nel Confiteor) e un’altra piccola innovazione nella frase che il sacerdote pronuncia prima dell’Agnello di Dio, introdotta per restare più aderenti al testo dell’Apocalisse che la ispira. 

Perché sono importanti queste novità?
Perché Lex orandi, lex credendi, cioè perché il modo in cui preghiamo è anche il modo in cui crediamo. E, quindi, modificare le parole della preghiera può instillare il dubbio che si voglia cambiare la fede. Ma possiamo stare tranquilli: la fede non cambia, cerchiamo solo di adattare le nostre preghiere al linguaggio moderno, proprio perché rimangano fedeli al messaggio evangelico. A volte, restando fedeli alla lettera rischiamo di tradire lo spirito.

Il «nuovo» Messale sottolinea maggiormente anche l’importanza del canto.
«Il canto – come si legge nella presentazione della Cei – non è un mero elemento ornamentale ma parte necessaria e integrante della liturgia solenne». E questo vale per tutte le liturgie e per tutti riti di ogni religione e di ogni popolo, perché la musica è arte spirituale, del tutto immateriale, è qualcosa che si coglie nel suo divenire. Poi, anche in questo caso, le interpretazioni possono differire. La liturgia ortodossa, per esempio, è tutta cantata solo dai ministri sacri e un po’ dal coro. I protestanti usano invece il canto corale inserito in una sensibilità liturgica austera, aniconica. Noi cattolici ci situiamo a metà strada e quindi abbiamo una più ampia gamma di possibilità. E allora incontriamo ministri cattolici che hanno una sensibilità quasi filo-orientale e che desiderano cantare tutta la liturgia; altri che hanno invece una sensibilità più filo-protestante e dunque propendono per riti più asciutti anche musicalmente… In ogni modo è vero che il Messale introduce una più ampia possibilità di cantare alcune parti della liturgia. 

Il 24 gennaio celebriamo la Domenica della Parola di Dio, istituita da papa Francesco nel 2019 con la Lettera Aperuit illis. Come mai questa scelta del Pontefice?
Si tratta di una giornata in cui si sottolinea in modo particolare l’importanza dell’ascolto della Parola di Dio nella Chiesa. Così come nei secoli scorsi era stato scelto di istituire una giornata dedicata al Corpo di Cristo (il Corpus Domini, appunto) oggi il Papa ha deciso di fare altrettanto per la Parola di Dio (il Verbum Domini). È una festa più teologica rispetto ad altre che, per esempio, celebrano uno degli avvenimenti della vita di Cristo, e che vuole sottolineare come l’ascolto della Parola non sia solo un valore importante ma sia parte della struttura fondamentale della vita cristiana. Noi siamo cristiani in quanto raggiunti dalla Parola di Dio, per quanto attraverso mediazioni umane: essa è Cristo stesso, quindi, quando ci raggiunge, è Cristo che ci raggiunge. Nei secoli anche riguardo a questo aspetto si sono registrate sensibilità e quindi mediazioni differenti. Ma oggi, dopo il Concilio Vaticano II e la Costituzione dogmatica Dei verbum c’è una più grande possibilità per i cattolici di ascoltare, conoscere e accogliere il messaggio di Dio contenuto nelle Scritture. Quindi, è bene sottolinearne l’importanza e… approfittarne. 

Questo momento così difficile per l’umanità tutta che cosa ci viene a dire, secondo lei, riguardo al rapporto tra le «parole» e la «Parola»? 
La riflessione a riguardo credo sia solo agli inizi, perché è vero che i tempi della pandemia sono lunghi ma è altrettanto vero che essa ci ha colti, soprattutto all’inizio, di sorpresa. Quindi in un primo momento ci siamo semplicemente limitati a moltiplicare le iniziative più semplici come le Messe in streaming. Invece più di qualcuno, come Enzo Bianchi per esempio, ha fatto notare che questo tempo potrebbe rappresentare l’occasione per valorizzare maggiormente l’ascolto della Parola di Dio. Qualcun altro ha fatto anche il parallelo con l’esilio del popolo ebraico in Babilonia, quando, appunto, non potendo più celebrare la liturgia nel tempio di Gerusalemme, sono nate delle celebrazioni familiari come la Pasqua che ancora oggi gli ebrei celebrano in famiglia. È vero: la nostra creatività in questo tempo forse è stata un po’ di corto respiro, però è altrettanto vero che abbiamo un lunghissimo cammino davanti a noi per passare da una Chiesa che è stata soprattutto la «Chiesa della Messa quotidiana» a una Chiesa in cui, anche a causa del minor numero di sacerdoti, ci saranno meno celebrazioni e ci si centrerà probabilmente di più sulla dimensione dell’ascolto della Parola e sulla Carità. E poi una raccomandazione: attenti ai social, perché ricordiamoci che essi ci profilano e, in base al nostro profilo, ci propinano solo quello che vogliamo sentirci dire, mentre l’ascolto della Parola di Dio è impegnativo, mette anche in crisi, induce a pensare, richiede la capacità di fare silenzio e di non reagire in modo immediato, tanto meno in modo urlato e sguaiato. Quindi il messaggio cristiano potrà anche servirsi in modo inedito dei nuovi media ma, quando lo farà, dovrà cercare di dettare le sue regole a quei mezzi di comunicazione che molto spesso invece cercano di dettare le loro regole al messaggio.

 

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Data di aggiornamento: 25 Gennaio 2021
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