Thomas Legrand è un architetto di fama, visionario, sfuggente, inquieto, creatore di architetture impossibili. Amélie Leroy è il prorettore, fresco di nomina, della Sainte-Chapelle, una delle università più blasonate di Parigi. Tra loro scocca una scintilla, inattesa, sconcertante. Al centro del loro amore una sfida impossibile: costruire la nuova aula magna della Sainte-Chapelle, sovvertendo le regole ammuffite delle baronie universitarie. Il nuovo sul vecchio, la strada invece dell’accademia, il mondo al posto delle aule chiuse, la trasparenza invece dell’opacità, le idee sui giochi di potere.
L’iPhone di Amélie, opera d’esordio di Valeria Tonini, come avrete capito, non è un semplice romanzo. È la storia di una passione privata che si fonde con una passione sociale: Il sogno di sostituire la raccomandazione con il merito, nel più alto luogo della conoscenza, le università.
La novità del libro è che a dar corpo a questo sogno è una scrittrice d’eccezione. Tonini, infatti, è una chirurga di talento in un policlinico universitario, con un pedigree scientifico di tutto rispetto. Sa, quindi, benissimo di cosa parla. Eppure, allo stesso tempo, il libro esprime una tensione più alta, quella che divide il mondo in due: i Legrand, le persone di passione e i Marceau, i mediocri di potere; le mogli fedeli ma ordinarie o le Amélie, le amanti ideali e irraggiungibili; la vita effimera ma esaltante delle emozioni forti o la sicurezza banale della quotidianità. Sullo sfondo Parigi, le sue strade, i suoi caffè.
Sapere, poi, se la nuova aula della Sainte-Chapelle è stata costruita, beh! questa scoperta tocca a voi.