Lisbona e Padova unite nel nome del Santo
Lisbona, anno 1195. Qui, in una signorile dimora vicino alla cattedrale, vide la luce Fernando de Bulhões, il futuro sant’Antonio da Lisbona. L’antico palazzo non c’è più. Sul suo perimetro è stata edificata una chiesa che ne perpetua il ricordo.
«Santo António da Sé», questo il nome con cui è nota la chiesa, è uno dei due più celebrati santuari antoniani. L’altro è la Basilica padovana, nei cui pressi il 13 giugno del 1231 il frate portoghese concluse la sua esperienza terrena: per questo egli fu poi detto sant’Antonio di Padova.
Anche a Lisbona il Santo è celebrato il 13 giugno con una processione che, percorrendo le anguste vie del quartiere di Alfama, si conclude sul sagrato del santuario antoniano.
Processione molto partecipata, sull’onda di una sentita devozione che esplode ogni volta nella gioia dei colori, del canto, della preghiera. Del tutto imprevista, l’anno in cui seguimmo il 13 giugno a Lisbona, ne fu la conclusione. Era un pomeriggio caldo e greve di afa. Umidi vapori, che salivano dalla superficie quasi immota del vicino Atlantico, avevano formato sopra la città una coltre uniforme di nubi acquose, attraverso le quali filtrava un sole evanescente e incerto.
L’arcivescovo della città, il patriarca Antonio Ribeiro, aveva appena congedato la folla, invocando su di essa la benedizione del Santo, quando un crescendo di voci concitate cominciò a invitare i presenti a guardare in alto, verso il cielo, gridando: «Il sole si muove, il sole si muove».
Eccoci, allora, con gli occhi in su a osservare il sole che, oltre la coltre liquida delle nubi, pareva davvero muoversi. Le voci si rincorrevano eccitate, mentre la gente cadeva in ginocchio, pregando a voce alta. Il pensiero corse subito al 13 ottobre del 1917, quando sul cielo di Fatima, mentre la Madonna appariva per l’ultima volta ai pastorelli, il sole s’era lanciato in una vertiginosa danza che aveva fatto gelare il sangue nelle vene dei presenti. Nulla di tutto questo, quel 13 giugno sopra il cielo di Lisbona. L’emozione si spense ben presto alla voce tranquillizzante dello stesso cardinale Ribeiro, fermatosi pure lui sulla soglia della chiesa a osservare il cielo. «È solo un effetto ottico», annunciò rassicurante.
Probabilmente – la butto lì – una robusta corrente d’aria, sollevatasi d’improvviso, aveva scosso la coltre liquescente di nubi con l’effetto di un sasso gettato in una pozza d’acqua, provocando l’impressione del movimento. Scherzo della natura, che per un momento ha rinfocolato nel cuore dei presenti la fiammella della devozione popolare verso la Madonna (nella veste della bianca Signora che, cent’anni fa, scelse il Portogallo per scuotere l’umanità) e verso il Santo (loro conterraneo, che della Madre di Dio fu devotissimo).
Cronaca di una giornata memorabile
Lisbona (l’inizio) e Padova (la fine) sono idealmente gemellate nel nome di sant’Antonio e della Madonna. Questo filo rosso lega, da sempre, i due Santuari e i due popoli. Un legame continuo e stretto anche grazie a scambi di visite e cortesie, oltre a studi e ricerche su vita, opera, dottrina e su una devozione che, dopo quasi otto secoli, non dà segni di stanchezza.
A Padova, com’è tradizione, la festa è preceduta dalla «Tredicina». Presenti quasi tutte le diocesi e i vescovi del Veneto. Il 13 giugno (per il calendario liturgico giorno della «nascita al cielo» del Santo), dalle prime ore del mattino a sera inoltrata, la Basilica è invasa da fiumi di pellegrini e devoti, italiani e stranieri. Un popolo multicolore che, già all’alba, inizia a gremire il sagrato, attendendo l’apertura del Santuario per assistere alla Messa delle 6.00, la prima di una serie nell’arco dell’intera giornata. Alle 11.00 è il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, a presiedere la Messa pontificale, come da consolidata tradizione.
Intanto, l’interminabile fila di pellegrini continua a transitare davanti alla tomba del Santo, in attesa delle celebrazioni pomeridiane che culminano nella solenne S. Messa delle 17.00, presieduta da padre Giovanni Voltan, Ministro provinciale dei frati e, in questo incarico, successore di sant’Antonio.
Il grande e atteso momento della processione
Dopo la Messa, prende il via la lunga e ordinata processione che, dalla Basilica e tra due ali di folla, si inoltra nella città fino a toccarne il «cuore»: il palazzo municipale, l’Università e poi Prato della Valle per ritornare nuovamente nel Santuario. Una sessantina i gruppi, le associazioni, gli storici ordini equestri e altre istituzioni che vi partecipano.
Tutte le categorie sociali sono rappresentate nella manifestazione, giustamente annoverata tra le principali della città di Padova che venera sant’Antonio come speciale patrono. Sfilano con i loro labari i rappresentanti del volontariato: Croce rossa, Croce verde, donatori di sangue, volontari ospedalieri; le comunità di migranti con i loro costumi etnici; le rappresentanze delle categorie imprenditoriali; le confraternite, i gruppi e le associazioni; il clero, i religiosi e le religiose; le autorità istituzionali civili e militari con i rispettivi gonfaloni.
Sono sei i complessi strumentali che accompagnano la processione con brani musicali, intervallando le riflessioni e le preghiere diffuse da amplificatori lungo il percorso. Splendido il colpo d’occhio sulla folla che accoglie la statua di sant’Antonio, trasportata da un mezzo speciale della Polizia di Stato, non più utilizzato e conservato esclusivamente per l’occasione: è il Santo in mezzo al suo popolo, immagine che sempre commuove e sorprende. L’omaggio dei fedeli anche al busto con la reliquia del mento del Santo, portato a spalla dai membri della Pia Unione dei Macellai, fieri di questo «privilegio».
La processione si conclude davanti alla Basilica: la solenne benedizione è impartita dal Ministro provinciale con la reliquia del dito di sant’Antonio.
La festa, però, non è ancora conclusa: i pellegrini continuano a rendere omaggio al Santo fino all’ultima Messa, celebrata alle 21.00. È tardi, ma la Basilica è ancora gremita. Alle 22.30 si chiudono le porte del tempio, mentre nel cuore di tutti s’imprime vivo e caro il ricordo di una giornata memorabile.