Misinformation
I nuovi media, internet, i social network, grazie anche alla velocità di trasmissione dell’informazione (ma, talvolta, sarebbe più appropriato chiamarla «disinformazione») su quanto avviene nel mondo, o più semplicemente nelle cerchie delle nostre amicizie e dei nostri contatti, hanno amplificato a dismisura la diffusione di «spazzatura digitale» ovvero di quelle false notizie, di informazioni «manipolate», rilanciate on line con commenti e integrazioni farlocche, capaci, nostro malgrado, di creare fatti (e talvolta anche opinioni) surrettizi. Quasi un mondo parallelo a cui, per una strana alchimia del web, gli utenti danno, a volte, addirittura più credito che non a quello reale.
Così il web è diventato una formidabile cassa di risonanza per la colorita fauna di internauti, cui si è aggiunta una nuova specie dedita alla maldicenza gratuita, al complottismo, al «cospirazionismo» a oltranza, al travisamento di fatti come precipitato di ideologie che stanno dietro – o sotto – la loro percezione del mondo. O, più semplicemente, che sono afflitti da un’atavica ignoranza. A lanciare l’allarme, in tempi non sospetti, era stato perfino lo scrittore Umberto Eco con la sua rumorosa invettiva contro le «legioni di imbecilli» che popolano i social network.
Se poi ci aggiungiamo la non infrequente e perversa attitudine dei media tradizionali (giornali, radio e tv) di pescare spesso a piene mani dalla rete, allora distinguere cosa sia ragionevole da cosa non lo è affatto, oppure attraverso quale processo si formino e maturino le nostre opinioni, in modo apparentemente non condizionato, è diventata la vera sfida dei nostri tempi. Per aggirarsi con circospezione in questo far west, Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini hanno scritto Misinformation: un agile saggio, con illuminanti case histories e spunti di riflessione, che aiuta a cautelarsi, nella selva digitale, dai tanti lupi – o parassiti – che la infestano.