05 Agosto 2016

Morire dal ridere!

Un ricordo e un grazie ad Anna Marchesini, principessa della risata, quell’esperienza antica e sempre nuova che dona, come risultato finale, un profonda senso di libertà.
Un primo piano di Anna Marchesini
Un primo piano di Anna Marchesini
Tania/Contrasto

Anna Marchesini è morta il 30 luglio scorso. E io penso a quanto mi sia sbellicato dalle risate grazie a lei…

Viviamo vite ridicole, e poi ci stupiamo del finale?!

Eppure, di tutte le attività e esperienze umane, ridere è probabilmente la più divertente. Ma divertente e strana, non divertente e basta! Qualcosa succede, qualcuno parla e le nostre sopracciglia, le nostre guance si piegano all’insù al contrarsi dei muscoli intorno all’occhio. Gli angoli della bocca si incurvano, scoprendo l’arcata superiore dei denti. Il diaframma sobbalza con degli spasmi, espellendo aria dai polmoni e producendo suoni vocali intermittenti. Se la risata è intensa, allora tutto il nostro corpo è in suo potere. Ci pieghiamo in avanti e ci teniamo la pancia. Gli occhi lacrimano. Se stavamo bevendo qualcosa, lo spruzziamo fuori dal naso. A volte, addirittura, ci bagniamo i pantaloni. Quasi ogni parte del nostro corpo è coinvolta in un’attività che non ha alcuno scopo apparente. Inoltre, e questo è il meglio, l’intera esperienza è squisitamente piacevole! Come disse Woody Allen: «È la cosa più divertente che puoi fare con i vestiti addosso».

Ridere fa bene. Ridere fa buon sangue, ma fa bene anche al cuore. 20 secondi di risata intensa equivale, per cuore e polmoni, a 3 minuti sul vogatore. 15 minuti, invece, bruciano ben 40 calorie (ma vi portano in psichiatria)! Ridere diminuisce la concentrazione nel sangue delle sostanze chimiche associate allo stress: epinefrina, norepinefrina, cortisolo e DOPAC (così sapete chi incolpare per i vostri prossimi accessi d’ira).

Probabilmente i nostri antenati ridevano già da lungo tempo, prima che cominciassero a parlare. Infatti mentre i centri verbo motori sono collocati nella corteccia cerebrale, che è più giovane dal punto di vista evolutivo, il riso proviene da una zona più antica del cervello, che regola le emozioni più primitive, come la paura e la gioia. Perciò esso sfugge anche al controllo cosciente. In realtà non si può ridere su comando, e un autentico scoppio d’ilarità non si può trattenere con la forza di volontà.

Ridere fa bene perché è uno strumento di facilitazione dei rapporti sociali, anche di coppia. Non ci credete? Provate a farvi il solletico da soli, se vi fa ridere! E del resto, se un estraneo fa il solletico a un bambino, ottiene solo di farlo piangere. Funziona un po’ come lo sbadiglio, è contagioso.

Per dirla tutta, l’umanità primitiva proprio ridendo e scherzando, e piangendo che è il suo esatto contrario con cui spesso si confonde (si può lacrimare dal troppo ridere, e si può essere preda di un riso convulso per il troppo dolore o paura), si è concessa un po’ alla volta relazioni “altre”, rispetto alla semplice sopravvivenza di gruppo: relazioni basate sul puro godimento, ludiche, disinteressate.

Il comico invade e sovverte le strutture più ovvie della vita sociale, ne rivela le incongruenze e la fondamentale vulnerabilità.

Fare umorismo è un modo di sganciarsi momentaneamente dalle classificazioni e dalle gerarchie sociali, di sfumarne i confini, una sospensione temporanea della struttura sociale: la diagnosi del mondo come somma di incongruenze, il ridimensionamento drastico di grandezza e di saggezza, uno spirito di beffarda irriverenza e, come risultato finale, una profonda scoperta di libertà.

Che è un po’ come i cavoli a merenda: un aspetto inaspettato, non previsto, neanche tanto illogico ma con una sua diversa logica, che scombussola, spariglia le nostre certezze, ci sorprende, ci dà piacere. E intanto ci si è aperta una possibilità, una finestra, un nuovo sentiero dietro la curva, una conclusione oltre “o combatti o scappi”: appunto, ridi!

Ridere è anche un po’ prendere le distanze, per non uccidere del tutto la speranza. Per questo le barzellette abbondano presso i poveri e gli oppressi: sono un’arma rivoluzionaria, una piccola personale rivincita, che il potere non tollera. Pensiamo agli ebrei: «Sotto un regime tirannico di un qualche genere tre ebrei stanno per essere fucilati. L’ufficiale incaricato dell’esecuzione offre loro l’ultima sigaretta. Il primo accetta, e così pure il secondo. Il terzo rifiuta. Al che il secondo si volta verso di lui e gli fa: “Moishe, non creare problemi”».

Certo che è esattamente per questa ragione che il comico può essere concepito come una sorta di anticamera della fede religiosa… Questo è Don Chisciotte che, deriso dai suoi concittadini che non vedono là dove il suo sguardo invece arriva, cavalca fino al mattino di Pasqua!

Grazie per tutto questo, Anna! E buone risate ora a quelli in paradiso…

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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