Natale bussa ai nostri cuori
Natale è il giorno in cui è nato Cristo, e per sant’Antonio – lo proclama nel Sermone per la Natività del Signore – è anche il giorno in cui «Dio ci ha dato il sorriso, cioè il motivo di sorridere e di gioire» perché entrando nella carne e nella storia dell’uomo, come una cellula staminale ne ha ricostruito il profilo originale donando a lui e all’intero cosmo la salvezza e la liberazione dalla schiavitù del male e del peccato.
L’evento straordinario è celebrato in Basilica con solennità e partecipazione, dando il giusto risalto anche a una tradizione tipicamente francescana: il presepio. San Francesco è sempre stato spiritualmente attratto dagli aspetti umani della vita di Cristo. Lo commoveva, in particolare, il pensiero di Dio che per salvarci sceglie di nascere in una misera capanna, soffrendo i rigori del freddo e gli stenti della povertà.
A tal punto che, per «vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» (Fonti francescane, 468), si rivolse a Giovanni, uomo di buona fama e di vita anche migliore, a lui molto caro, chiedendogli di aiutarlo a realizzare plasticamente la scena della Natività con figure viventi nei ruoli dei protagonisti. E indicava Greccio, piccolo borgo sui monti reatini, come luogo ideale per celebrare l’evento che si svolse il 24 dicembre 1223.
Ripetuto dai seguaci di Francesco, sostituendo poi le persone con statue di varia foggia e grandezza, il Natale di Greccio diede origine alla tradizione del presepio.
L’episodio di Greccio stuzzicò la fantasia di Giotto che lo narrò, con la magia dei colori, sulle pareti della basilica superiore di Assisi, tredicesima di ventotto scene del ciclo delle Storie di san Francesco, dipinto verosimilmente tra il 1295 e il 1299.
Sullo stesso avvenimento si è cimentato, tra i tanti, anche il bolognese Ubaldo Oppi (1889-1942), pittore che ha attraversato le maggiori esperienze pittoriche dei primi decenni del Novecento, muovendosi tra Vienna, Parigi, Venezia, Milano ed esponendo nelle più prestigiose mostre d’arte di allora.
Convertitosi al cattolicesimo, negli ultimi tempi si dedicò prevalentemente a temi religiosi, affinando la tecnica dell’affresco nella quale si sarebbe poi affermato, come sottolineò un critico del tempo, Giuseppe De Mori, quale «precursore e maestro». Un eloquente esempio della sua abilità, Oppi lo diede nel ciclo di affreschi realizzato tra il 1927 e il 1932 sulle pareti della cappella di San Francesco nella Basilica del Santo, dove narra episodi della vita del Santo di Assisi, tra cui colloca, appunto, il Natale di Greccio. Sono affreschi di valore, segnati da semplicità, classica robustezza e tenui colori. Meriterebbero maggiore attenzione poiché forniscono, come si legge nel Dizionario bibliografico «Treccani», «una delle prime, significative traduzioni in pittura murale del classicismo novecentista».