Jacopo Robusti detto Tintoretto, «Narciso alla fonte», 1555 - 1560 circa, olio su tela, Roma, Galleria Colonna.

Nello specchio di Narciso

Una grande mostra per celebrare l'autoritratto nella storia dell'arte: è «Il ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie», al Museo Civico San Domenico di Forlì fino al 29 giugno.
| Luisa Santinello Redattrice

Il mito greco di Narciso, bellissimo giovane che si innamora della propria immagine riflessa su uno specchio d'acqua, lo conosciamo tutti. Quel che forse non tutti sappiamo è che questa storia narrata da Ovidio nelle Metamorfosi ha aperto la strada, nella storia dell'arte, al tema dell'autoritratto, cioè l'autorispecchiamento dell'artista. Non a caso Leon Battista Alberti, nel suo De pictura (1435), attinge proprio a Narciso come modello per gli artisti da allora in avanti, quali uomini di lettere, protagonisti del proprio tempo. Parte proprio da questa premessa la mostra «Il ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie», al Museo Civico San Domenico di Forlì fino al 29 giugno. Diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice, l'esposizione celebra il ventennale delle grandi mostre promosse dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, in collaborazione con l’Amministrazione cittadina. 

Diviso in sezioni tematiche, il percorso espositivo si sviluppa dall’ex Chiesa di San Giacomo fino alle grandi sale del primo piano che costituirono la biblioteca del Convento di San Domenico. Prima tappa di questo viaggio: «Il mito dell'artista. Narciso e la nascita del ritratto», una sezione che raccoglie opere come il Narciso alla fonte di Jacopo Robusti detto Tintoretto, proveniente dalla Galleria Colonna di Roma, il Narciso di Paul Dubois dal Museo D’Orsay o la Reflecting Pool di Bill Viola. «Il primo è stato Narciso, che guardandosi nello specchio dell’acqua ha conosciuto il proprio volto. Il primo autoritratto. Poi è arrivato il selfie – spiega Gianfranco Brunelli, Direttore delle Grandi Mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì –. Nei secoli, ritrarre il proprio volto, la propria immagine è stato per ogni artista una sfida, un tributo, un messaggio, una proiezione, un esercizio di analisi profonda che mostra le aspirazioni ideali e le espressioni emotive, ma che rivela anche la maestria e il talento. Poi serve uno specchio. Timore, prudenza o desiderio, persino bramosia di guardarsi. Allegoria di vizi e virtù».

La mostra prosegue con emblemi di maschere teatrali (10-50 d.C.) dal Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma e specchi incisi. Attraverso lo specchio, il volto diventa man mano per gli artisti espressione dell'anima e veicolo del divino. «La coscienza della propria identità interiore passa attraverso la contemplazione dell'immagine di sé, come si vede riflessa nello specchio - commenta la curatrice Cristina Acidini -: uno specchio che, nel linguaggio simbolico della filosofia e dell'arte d'Occidente, può essere a seconda del contesto lo strumento di un'analisi virtuosa oppure l'arnese "micidiale" (l'aggettivo è del Petrarca) di un vano compiacimento. Per questo in mostra sono rappresentate le allegorie, di segno opposto, della Prudenza e della Vanità. La prima è una virtù che si scruta nello specchio, meditando scelte caute e assennate. La seconda, invece, cerca nello specchio la conferma della sua effimera bellezza fisica. Il nome latino, vanitas, designa un tipo di "natura morta" che allude alla brevità della vita e dei piaceri. Il tema dello specchio torna nell'autoritratto, un genere speciale di ritratto in cui l'artista rappresenta sé stesso e insieme il suo stato sociale, i suoi gusti, il suo mondo. Fra quelli in mostra, un nucleo proviene dalla collezione di autoritratti più prestigiosa al mondo, nelle Gallerie degli Uffizi a Firenze».

La rassegna procede con capolavori di Giovanni Bellini (Presentazione al Tempio), Parmigianino (Testa di giovane con acconciatura) e Pontormo (Doppio ritratto), tele quattrocentesche in cui l'artista inizia a sentire la necessità di autorappresentarsi in scene collettive. Solo a partire dal 1600, prenderà piede la rappresentazione dell'artista nel suo ambiente di lavoro. Qualche esempio? Il Ritratto di Juan de Cordoba di Diego Velázquez dai Musei Capitolini, Erodiade di Simon Vouet, alcune incisioni di Rembrandt. Senza scordare il primo ritratto di un giovane Lorenzo Bernini. Se a rappresentare il XVIII secolo al Museo Civico San Domenico è un tipo di autoritratto «indeciso», sospeso tra il bello ideale e il sentimento del sublime (su tutti quello di Anne Seymour Damer proveniente dagli Uffizi di Firenze), «con l’aprirsi dell’Ottocento, saranno i due grandi protagonisti della nascita e dell’affermazione della moderna scultura neoclassica, Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen a perseguire - entrando a un certo punto in rivalità - un percorso di autocelebrazione, affidando ai loro autoritratti divinizzati, la loro gloria immortale - spiega il curatore Fernando Mazzocca -. Ma il genere dell'autoritratto si affermerà soprattutto con la nuova temperie romantica, assumendo un valore emblematico nel restituire la potenza creativa, l’ingegno, e la condizione esistenziale dell’artista, oltre che il suo ruolo – talvolta conflittuale – in una società che stava cambiando». 

Dal Romanticismo, la mostra di Forlì ci porta al Simbolismo in un turbinio di volti e sguardi. Dall'Autoritratto di Gustave Moreau a quello di Juana Romani, passando per la Testa di Medusa dipinta da Arnold Böcklin e l’Autoritratto con turbante giallo di Emile Bernard. A rappresentare il primo '900 è, tra gli altri, l'Autoritratto nudo di Giorgio De Chirico e l'Autoritratto di Mario Sironi del 1908. Conclude l’esposizione la sezione «Il volto e lo sguardo», che spazia da L’uomo nero di Michelangelo Pistoletto all'Autoritratto del 1968 di Mario Ceroli con le sue classiche sagome di legno. Da non perdere infine Self Portrait, Submerged di Bill Viola e Ecstasy II dalla serie Eyes Closed di Marina Abramovic: una dimostrazione di come il dolore, alle volte, possa trasformare l'artista ritratto in un simbolo di umanità.

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Data di aggiornamento: 13 Marzo 2025