Papà uniti di tutto il mondo
Di per sé la ricorrenza è un tantino ambigua. Nel senso che di solito quando si ha bisogno di proclamare istituzionalmente una giornata (della memoria, dei gatti, della gioia, ecc.), generalmente è perché l’oggetto della giornata è almeno carente quanto a visibilità e considerazione sociale. Se si deve farne una «giornata» è perché quella categoria, quella cosa, quell’emozione, è in crisi o dimenticata.
Insomma, voglio dire, non è che una giornata all’anno «faccia primavera» né granché d’altro (semmai è una buona occasione per spendere un po’ di soldi…). Lo stesso, e lo dico con tutto l’affetto e il bene che voglio al mio e a quelli di tutto il mondo, dicasi per la festa del papà, il 19 marzo.
Certo, il fatto che questa giornata corrisponda sul calendario alla festa di san Giuseppe, lo sposo di Maria e il papà putativo di Gesù, è per lo meno intrigante. Ci ricorda che la paternità è diversa dalla maternità, né migliore né peggiore, solo diversa e complementare: per questo ogni figlio che viene al mondo ha diritto a un vero papà e una vera mamma. Né a surrogati né a comparse teatrali che si dividono i ruoli a tavolino pur di recitare a tutti i costi il copione a cui non si vuol rinunciare. Fatti salvi, come al solito, i diritti sacrosanti dei bambini.
Cosa significa di per sé per un uomo e una donna fare un figlio «assieme»? Tanto, ci mancherebbe altro, ma non del tutto «insieme». Perché il concepimento di un bambino divide, non avvicina i genitori. Chiede competenze, emozioni, responsabilità anche diverse. E pure questo fa parte del bello del gioco.
Ma san Giuseppe allude anche a una paternità che non è data una volta per tutte, ma che si costruisce giorno per giorno, nel sangue tanto quanto negli affetti. Aver celebrato il proprio amore nel sacramento del matrimonio, così come qualsiasi altra forma di convivenza, in sé non garantisce nulla. Un marito non finisce mai. Non smetterò mai di cercarlo, e viceversa: una moglie non finisce mai, e non potrò smettere mai di cercarla. E lo stesso succede tra genitori e figli: per i secondi è la prima volta, d’accordo, ma in qualche modo lo è anche per i primi, e lo sarà a ogni successivo figlio.
Allora, auguri a tutti papà! Soprattutto a quelli che lottano ogni giorno per esserlo almeno dignitosamente!
Ai papà che sono in guerra o lontani da casa!
Ai papà che sono in carcere o all’ospedale!
Ai papà che per paura o vigliaccheria hanno smesso di esserlo!
Ai papà che non si sono mai fatti vedere dai loro figli!
Ai papà soli, a quelli tristi, a quelli che non hanno la faccia di tornare a casa!
Ai papà che hanno poche comodità da offrire ai figli, ma un grande cuore questo sì!
Ai papà che non hanno mai avuto figli propri, ma tanti degli altri!
E, perché no?, siccome in qualche modo lo sono pure loro, ai «padri» che sono frati o sacerdoti, chiamati ad una paternità più spirituale! Ma soprattutto a un altro che non sarà certo un accento finale in meno a infastidirci: a papa Francesco!