Potere H
Raccontare in breve le vite di disabili che hanno fatto la Storia. Propria quella scritta con la maiuscola, quella che resta scolpita negli annali o nell’immaginario collettivo. Lo ha fatto in questo volume Roberto Zucchi, giornalista e paraplegico dal 1983 a causa di un incidente motociclistico. Pagine da non perdere (la prefazione è di Francesco Jori), anche per chi è «abile», ma su questo concetto molto ci sarebbe da dire e da scrivere.
Dalla politica allo sport, dalla musica alla fisica. Una carrellata di vite eccezionali articolata in una quarantina di ritratti: personaggi celebri – Omero o Beethoven, Roosevelt o Hawking, Ray Charles o Alex Zanardi – come pure meno noti al grande pubblico, ma per questo più sorprendenti: dal Re Pescatore custode del Graal, al rivoluzionario francese in carrozzina, ai “mezzi uomini” del cinema americano. Senza dimenticare coloro che, con il loro lavoro o il loro esempio, attraverso i secoli hanno contribuito in modo decisivo alla progressiva accettazione, integrazione e, infine, inclusione sociale dei disabili: da Braille o De l’Epee a indimenticabili testimonial come Christopher Reeve o Mohammed Alì.
«Non ho scritto di quelli che hanno battuto record o dimostrato che “anche noi ce la possiamo fare” – esordisce Zucchi -, ma di disabili che si sono dimostrati bravi in assoluto – anzi, molto bravi – nelle rispettive discipline o arti. Attenzione: milioni di disabili (e le rispettive famiglie) compiono ogni giorno sforzi eccezionali per vivere “normalmente” – un diritto peraltro sancito anche dalle Nazioni Unite – ma, a questa battaglia quotidiana, le donne e gli uomini di cui racconto la storia hanno aggiunto il loro genio specifico».
Tra loro Franco Bomprezzi, giornalista, scrittore, amico dello stesso Zucchi e primo grande demolitore dei muri che nascondevano il mondo della disabilità italiano. «Franco scrisse un romanzo (La contea dei rotanti) in cui i disabili imponevano le loro leggi ai normodotati – racconta Zucchi -, e allora scherzammo sulla costituzione di un movimento per l’“Handicap power”, il potere ai disabili. Ecco, il “Potere H” del titolo vuol essere un omaggio a questo pioniere della società inclusiva».
E, a proposito di handicap, l’autore sgombra subito il campo con una precisazione sulla terminologia usata (su cui concordava anche Bomprezzi). «Da paraplegico di lungo corso e giornalista, considero perifrasi abbastanza inutili (e ipocrite) allocuzioni ritenute politicamente corrette tipo “diversamente abili”, “portatori di deficit uditivo” o “sensorialmente deprivati”. Chi le preferisce faccia pure, ma ritengo che il livello di civiltà di una società si misuri su quanto integra le persone, non per come le definisce: piuttosto, se qualcuno viene apostrofato come handicappato, mongoloide, negro, ebreo, ecc... è il disprezzo razzista dell’insulto che va “politicamente corretto”. Personalmente, essere classificato un disabile non l’ho mai considerato dispregiativo, e per questo ho usato anche termini oggi svalutati, come cieco e sordo. Perché non li ritengo offensivi, ma solo più immediati».
Infine, la domanda da cento pistole: perché questo libro? «Perché non c’era, sarebbe la risposta più facile. Oppure per una sana rivalsa del tipo “facciamola vedere ai normali che senza di noi la Storia sarebbe piena di buchi...” Presuntuosamente, spero qualcosa in più. Cioè che dall’esempio di tante vite eccezionali, almeno un lettore – disabile o meno – riceva lo spunto per migliorare la propria».