Le due vite di Mauro
La foto lo ritrae all’età di 5 anni. Occhi chiari, capelli biondi. Indossa una maglietta alla marinara a righe bianche e blu. Lo sguardo verso l’obiettivo, per regalare un sorriso. È la fotografia di Mauro, che papà Luciano e mamma Graziella hanno voluto lasciare sulla tomba di sant’Antonio. Una storia di una grazia ricevuta, anzi di una doppia grazia. La prima, quando la venuta al mondo del loro piccolo, ancora nel grembo materno, era stata ritenuta quasi impossibile per gravi problemi del feto. La seconda, avvenuta all’età di 4 anni, prima di sottoporre Mauro a un delicato intervento chirurgico per scongiurare il peggio: la morte.
Dal matrimonio di Luciano e Graziella sono nati tre figli: Sonia, Maurizio e, appunto, Mauro, il protagonista della nostra storia. La loro devozione al Santo ha attraversato intere generazioni. Graziella ricorda le continue preghiere della nonna – bisnonna di Mauro – rivolte a sant’Antonio: «Nella tasca del grembiule conservava un libretto, ormai sgualcito, con impresse numerose preghiere al Santo». E poi i tanti pellegrinaggi compiuti dalle loro famiglie al Santuario di Padova.
Mauro, oggi, di anni ne ha 35. È un giovane felice: laurea in economia aziendale, fidanzata e un lavoro che lo gratifica. Quando entriamo in Basilica con lui e i suoi genitori, per ripercorrere insieme il ricordo di quel periodo, Mauro fa un respiro profondo: «Ogni volta che visito questo luogo ne avverto la sacralità, mi sento sollevato, sereno. Provo una pace interiore indescrivibile». Il suo per il Santo: «Mi ha salvato la vita per ben due volte. Gli devo infinita riconoscenza. E anche ai miei genitori: per la loro fede e le molte preghiere per la mia guarigione».
È il 1983. Mamma Graziella, dopo una gravidanza non andata a buon fine, rimane incinta di Mauro. Ma già ai primi mesi i medici le comunicano che dalle analisi risultano valori alterati, parametri fuori norma, che il feto non dà segni di vita. C’è chi, con l’ecografia, intravvede un’anomalia ai reni e all’uretere, che può compromettere la nascita del bambino. Immediato il consiglio medico: bisogna procedere a uno «svuotamento e revisione uterina», quello che comunemente si chiama «raschiamento». Graziella, già provata dalla precedente gravidanza, è convinta che non sia tutto finito. Insiste con altre analisi, chiede consulto a ulteriori specialisti. Ma si affida anche alla fede.
Prega sant’Antonio: «Lo invocavo per avere la gioia di una nuova vita in famiglia». Giunge così, inspiegabilmente e dopo pareri medici discordanti, al termine dei nove mesi. Viene ricoverata, quindi, in ospedale per l’imminente e tanto atteso parto. «La notte precedente – confida – non ho mai dormito pensando alla creatura che avevo in grembo. Ero riuscita a sbirciare l’esito degli ultimi esami: nella cartella l’ostetrica aveva messo un punto di domanda a fianco della parola “reni”». Tutto, però, va a buon fine. E quello che doveva essere di fatto un aborto terapeutico si trasforma in nuova vita: sant’Antonio aveva protetto il «suo» feto.
Il primo periodo di vita di Mauro sembra trascorrere tranquillamente, finché, un giorno, non inizia ad avvertire fastidi al basso ventre. Piange, si lamenta, la febbre sale. Iniziano accertamenti e ipotesi. I reni del bambino sembrano avere dimensioni difformi. Mauro viene sottoposto a specifici esami presso il reparto di Medicina nucleare. Sospettano, e poi constatano, che l’uretere è quasi inesistente, in presenza di reni debilitati e deformati. Il piccolo non può espellere l’urina: da qui le continue infezioni. Il quadro clinico risulta complicato. Il parere dei medici è discordante. Secondo alcuni è necessario un intervento chirurgico. Altri lo sconsigliano.
Le preghiere di papà e mamma
Un vero calvario per Mauro, ma anche per i genitori. Papà Luciano, che di lavoro fa il posatore, non si dà pace: «Andavo al lavoro con un nodo alla gola che mi accompagnava per l’intera giornata – confida –. Pensavo ai tormenti di Graziella e a Mauro, alle possibili cause delle febbri. Un blocco renale avrebbe potuto essergli fatale». Luciano piange di nascosto, per non farsi vedere dalla famiglia e dai colleghi. Anche lui affida il suo bambino al Santo. Lo fa nel silenzio di una semplice preghiera. Un giorno decide di acquistare una statua di sant’Antonio: benedicente, con il giglio in mano, il Bambino in braccio e il Vangelo. In quel Bambino vede il suo Mauro, sorretto e protetto dal Santo. «L’ho collocata in uno spazio privilegiato del salotto. In qualsiasi momento della giornata, il suo sguardo ci illuminava e ci incoraggiava».
Nel frattempo, Mauro è sottoposto a frequenti ricoveri giornalieri, ma con scarsi risultati. Eppure continua a crescere, e i suoi reni tengono ancora. Ma per quanto? La decisione finale, sofferta, arriva di lì a poco: la data del ricovero all’ospedale di Padova, alle ore 7, per l’ormai inevitabile intervento chirurgico. Il giorno prima, però, di buon mattino, i genitori decidono di recarsi alla Basilica di Sant’Antonio per affidare ancora una volta il loro bambino al Santo. Piove a dirotto. Papà Luciano accompagna in auto moglie e figlio fino al piazzale del Santuario per far loro guadagnare in fretta l’ingresso. «Quando siamo entrati – racconta commossa Graziella – ci siamo trovati in una Basilica inspiegabilmente vuota». Mauro ha un vago ricordo: lui in braccio alla mamma e un uomo dalla figura esile, con indosso un saio, che spunta fuori da una delle colonne e gli va incontro. «Ci chiese – aggiunge la mamma – perché eravamo lì. Gli parlai singhiozzando della nostra grande preoccupazione per questo figlio sofferente, ma anche del desiderio di affidarci totalmente a sant’Antonio». Il frate ascolta in silenzio, le sfiora dolcemente il braccio con la mano e la invita a non temere: «Fidati. Andrà tutto bene».
Graziella asciuga le lacrime e si dirige verso la tomba del Santo. Con il bimbo in braccio, bacia e accarezza il marmo che racchiude le spoglie di Antonio. Prega. Mauro imita con naturalezza i gesti della mamma, che pronuncia anche un voto: donerà la sua fede nuziale. Riprendono quindi la via d’uscita. All’esterno li attende papà Luciano con un grande ombrello. Qui accade l’ennesimo, inspiegabile, episodio. Mauro lo ricorda ancora: «Appena usciti dalla Basilica, ancora in braccio alla mamma, un nugolo di piccioni si sono staccati da cornicioni e rosone della facciata e si sono posati su di me. Mi coprivano tutto il corpo. Così fino all’auto di papà. Come volessero proteggermi o “togliermi” qualcosa che avevo dentro». Il giorno dopo i genitori si presentano in ospedale per il ricovero del bambino. Ultime radiografie ed esami prima dell’intervento. I medici leggono i risultati e li confrontano con i precedenti. Sbiancano in volto: il piccolo non presenta più nessuna disfunzione. Tutti gli organi risultano perfetti. «Ci hanno chiesto, stupiti, se il bambino fosse lo stesso sottoposto alle precedenti analisi – spiega Graziella –, o se fosse già stato operato». Non riscontrano nessuna malformazione. L’uretere funziona perfettamente. Mauro è completamente e inspiegabilmente guarito. Luciano e Graziella tornano a casa con il loro figlio, increduli ma felici. Sono sicuri che sant’Antonio, più volte invocato, ha salvato ancora una volta la vita di Mauro. Il pensiero va a quel frate che li ha accolti il giorno precedente in Basilica. «Non lo abbiamo più incontrato. Non conosciamo il suo nome, non sappiamo se sia ancora vivo», ripete Mauro mentre usciamo dal Santuario. È come se il Santo, presentatosi nella figura di quell’umile frate, avesse voluto parlare con loro. Pronto ad alleviarne sofferenze e dolore, accogliendoli e rassicurandoli. Per dire di aver ascoltato le loro preghiere. E che Mauro sarebbe ritornato a vivere per la seconda volta.
Questo articolo è leggibile anche nel «Messaggero di sant’Antonio» di aprile 2019 di carta e sulla corrispondente versione digitale!