Il viaggio di Flora

Aveva appena 3 anni e mezzo quando fu colpita da enterocolite acuta, patologia potenzialmente mortale. Poi la guarigione, inspiegabile. Se non con la grande devozione al Santo.
25 Marzo 2019 | di

Il capotreno ha appena chiuso il portellone della carrozza. Flora e la sua famiglia sono seduti vicino al finestrino nel vagone di coda. Il lungo serpentone è pronto a riprendere la corsa. È mattina presto e la stazione di Brescia è affollata. Molti sono pendolari, gente che arriva dai paesi limitrofi. Si spostano verso altre località: per lavoro, affari, necessità spicciole di vita quotidiana. Il fischio, deciso e prolungato, dà il via libera al macchinista. Il treno si muove lentamente per poi sferragliare verso la stazione di Padova. Molte le fermate, accompagnate dallo stridio delle rotaie. Mamma Rosalinda tiene Flora stretta a sé, quasi a proteggerla. La bambina è pallida e il fisico è debilitato dalla malattia. Dal finestrino, la piccola, 5 anni, occhioni grandi, osserva un mondo fatto di immagini che si susseguono velocemente: paesaggi, immense campagne, animali. Papà Andrea ha preso posto di fronte a loro. Le guarda, dando ogni tanto gli occhi al finestrino. Con un pensiero fisso: la guarigione di Flora. 

Siamo negli anni Cinquanta, ma i ricordi di questa bambina, che di anni oggi ne conta 69, sono rimasti indelebili nella mente e nel cuore. Perché il suo racconto è la storia di un vero miracolo. A poco più di 3 anni, infatti, Flora viene colpita da enterocolite acuta (malattia che all’epoca portava spesso alla morte). «L’enterocolite – spiega – mi aveva provocato un’infiammazione acuta allo stomaco. Ero soggetta a vomito, continue emorragie e forti dolori addominali». Quasi due anni di sofferenze e poi la guarigione, inspiegabile: «Devo a sant’Antonio – dice – se oggi sono qui a parlarne». Flora racconta con grande emozione del primo viaggio, da Brescia alla Basilica del Santo di Padova. In quegli anni non ci sono medicine particolarmente adeguate per curare questa malattia. E il futuro è quasi scritto: la morte prematura della piccola. I genitori, disperati (qualche anno prima gli era morta un’altra bambina) decidono di compiere un atto di fede e devozione: si affidano completamente al Santo di Padova per la sua guarigione. 

La devozione a sant’Antonio è una pratica antica nella famiglia Borghetti: «In casa custodivamo diverse statuette e immagini che ritraevano il Santo con il Bambino in braccio e il Vangelo», racconta Flora. Una devozione diffusa in tutto il bresciano, terra dove lei ha sempre vissuto anche dopo il matrimonio con Sergio. E dove oggi ancora risiede, per la precisione a Lumezzane, un paese a una ventina di chilometri da Brescia.  Mamma Rosalinda e papà Andrea intraprendono, perciò, un viaggio verso Padova, per confidare al Santo la loro disperazione, affidargli la  bambina, implorare il suo aiuto. Flora ricorda ancora quei momenti: il suono del fischietto, il treno in partenza, la gente che salutava dalla pensilina, con il fazzoletto in mano, i propri cari. Poi l’arrivo a Padova, il percorso su un vecchio tram dalla stazione fino alla fermata in una grande piazza: Prato della Valle. Infine, l’ultimo tratto di strada in braccio a mamma Rosalinda.

Arrivati in piazza del Santo, varcano la soglia del Santuario dove sono accolti da un profondo silenzio e preghiera. Poco più in là, sul lato sinistro della Basilica, ecco la tomba di Antonio. «Ho ancora impressa nella mente la lastra di colore verde scuro, mamma e papà che posano il capo su quel marmo, lo accarezzano, recitano preghiere». Rosalinda e Andrea prendono la loro piccola e, appoggiandola alla tomba, invocano la sua guarigione. Momenti intensi, interminabili: «Ho visto le lacrime di mamma e la commozione di papà» aggiunge Flora. Sono disperati, ma anche fiduciosi. Pregano il Santo, con l’intensità e la devozione dei semplici per la guarigione della loro bambina. «Mi spogliarono dei miei vestitini e mi fecero indossare un piccolo saio, con un cingolo composto da tredici nodi». Fu il loro voto a sant’Antonio. «Ho portato il piccolo abito per ben tredici mesi, a ricordo del giorno della morte del Santo».

La famiglia Borghetti, nonostante la salute di Flora sia ormai compromessa, continua a pregare il Santo e a sperare in una guarigione. Che in molti credono impossibile: «Ricevetti i sacramenti della confessione e della comunione a 4 anni e mezzo, indossando ancora il piccolo saio». Dopo tredici mesi le cose non cambiano. La malattia persiste. La bambina continua a star male, nessun segno di ripresa. «Anzi – spiega Flora – ero peggiorata». Ma mamma Rosalinda non si arrende. Piange e prega. Continua i suoi pellegrinaggi alla Basilica del Santo, con il marito e la figlia, fino a quando un giorno, inspiegabilmente, la bambina cambia colorito, si sente meglio e non lamenta più dolori. Scompaiono le emorragie. Flora è guarita. 

La gioia è immensa. Tutto il paese rimane colpito dalla notizia. Per i genitori e per molti tutto è avvenuto per intercessione di sant’Antonio. L’episodio è inspiegabile per gli stessi medici che l’hanno avuta in cura. «I miei genitori mi portarono subito da suor Elisea, la religiosa che prestava servizio nell’ospedale dove ero stata ricoverata e avevo ricevuto le cure, rivelatesi inefficaci». È la suora stessa a portare mamma e bambina dal medico che aveva seguito la piccola e che aveva pronunciato, a suo tempo, la diagnosi impietosa. Il medico la visita per l’ennesima volta e con grande sorpresa dichiara: «Io non credo ai miracoli, ma posso dire che questa guarigione, improvvisa e completa, è scientificamente inspiegabile. È davvero un miracolo». 

Flora conserva ancora gelosamente in una scatola il piccolo saio e il cordoncino con i tredici nodi. Assicura di aver coltivato la devozione al Santo negli anni. Una devozione semplice, ma vera. Lo invoca ogni volta che c’è qualcuno in difficoltà. «Lo prego e lo invito in particolare ad avere uno sguardo benevolo su tutta la mia famiglia», afferma con il suo accento bresciano. Dal matrimonio con Sergio sono nati, infatti, due figli,  Vittorio, 44 anni ed Elisa, 38. E poi sono arrivati i bellissimi nipoti. Ciascuno ha una sua vita, una storia, un suo percorso, ma tutti hanno un unico appuntamento fisso, ogni giorno. Con il loro Santo, Antonio di Padova: quello del treno, che fece sì che nonna Flora guarisse per sempre.

 

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Data di aggiornamento: 25 Marzo 2019
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