«Sant’Antonio ha scardinato le mie certezze»
Le parole di Gianmarco (nome di fantasia) esprimono gioia. Lo avverti subito, quando inizia a raccontare la sua esperienza. Una storia di grazia ricevuta. Di vita che ha rischiato di spegnersi, ma che è rimasta miracolosamente accesa prima di svelarsi in tutta la sua dimensione di fede e devozione.
Perché la visita di Gianmarco in Basilica è la testimonianza di un incontro, quello con sant’Antonio, che ha segnato per sempre la sua vita. Il Santo, infatti, si è fatto presente nella sua esistenza. È diventato amico, confidente, compagno di viaggio. E Gianmarco ha voluto raccontare personalmente tutto ciò in un suo recente pellegrinaggio a Padova, durante il quale ha avuto la piacevole sorpresa di incontrare il rettore, fra Oliviero Svanera, e il direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio», fra Giancarlo Zamengo.
Parte proprio da quest’incontro la storia che Gianmarco ha voluto confidare: «Perché per me il Santo è davvero tutto. E a chi, meglio di voi – dice rivolgendosi ai frati –, raccontare la mia esperienza di fede, voi che vivete a contatto quotidiano con sant’Antonio? Voi siete testimoni del bene che, attraverso di lui, accende il bene nel mondo».
La sua voce limpida e il suo entusiasmo accompagnano il racconto. Gianmarco è un uomo maturo. È nato il 13 giugno, festa di sant’Antonio, alle ore 13.13. E al numero «13» sono legati tanti altri bei momenti della sua vita. «Sono tutti episodi importanti, positivi. Ho scoperto, solo in seguito, che nella tradizione Antonio è il santo dei 13 miracoli al giorno, il Santo della Tredicina… Più volte ho pensato alla data della mia nascita e a quante cose mi uniscono a lui».
Una presenza che Gianmarco ha avvertito sin da piccolo. «La mia famiglia – dice – è abbonata al “Messaggero di sant’Antonio” dal 1955. Mia madre, Consolata, mi ha affidato a sant’Antonio». È nato e cresciuto in un piccolo paese della valle astigiana, Castelnuovo Calcea, poco più di 700 abitanti. Una terra dove la natura è generosa, ma richiede anche sacrificio. Dove il lavoro dei campi e l’amore per la famiglia sono le realtà che saldano il vivere quotidiano. È in questo contesto comunitario che si è andata diffondendo la devozione al Santo. «Anche tra i miei parenti molti portavano e portano il nome di Antonio».
Salvato dal Santo
Una devozione che porta lontano, a un fatto miracoloso verificatosi nel 1698. Quel giorno minacciava un forte temporale. Un contadino della cascina, dalla quale trae origine anche la famiglia di Gianmarco, prende il suo cavallo e scende a valle a raccogliere dei rami di gelso per l’allevamento dei bachi da seta. Lega il cavallo a un albero, ma il temporale giunge prima del previsto. Un fulmine colpisce la pianta, devastandola. Il cavallo s’imbizzarrisce e comincia a correre in tondo attorno all’albero. L’uomo, mentre tenta di slegarlo, rimane imprigionato tra le corde.
È in quel momento che il contadino invoca sant’Antonio: «Ti prego, aiutami! Queste corde mi stanno togliendo il respiro». A poca distanza, dalle rovine di un vecchio convento, vede avanzare una sagoma. Un uomo vestito da frate gli va incontro, fa girare il cavallo ancora con la corda al collo e libera l’uomo. Il contadino, incredulo, grida al miracolo. Corre lungo la vallata, si reca dal parroco del paese e racconta quanto accaduto. Il sacerdote rimane profondamente scosso dal racconto dell’uomo che, per grazia ricevuta, dona diverse «giornate» (l’unità di misura in quella zona per definire un campo) alla chiesa del paese.
«Il fatto – spiega Gianmarco – accadde proprio il 13 giugno, festa del Santo. Da allora, ogni 13 giugno si festeggia con grande gioia e partecipazione sant’Antonio, il Santo del miracolo di Castelnuovo Calcea, con una solenne processione, alla quale partecipano donne con in braccio i loro bambini, uomini, giovani».
Il 13 è anche il giorno in cui Gianmarco sperimenta la vicinanza del Santo in un momento dai contorni drammatici. «Una sera – racconta –, ero nella vecchia casa di mio padre, adibita a laboratorio e deposito attrezzi. Mi trovavo lì per alcuni lavori. Stavo utilizzando un flessibile. Lo maneggiavo con una certa disinvoltura. Finito il lavoro, però, non ho avuto l’accortezza di togliere la spina dalla corrente». L’attrezzo aveva, in un lato, due pulsanti: uno che serviva a bloccare il disco e l’altro ad azionarlo. Ed è proprio quest’ultimo che Gianmarco, inavvertitamente, preme. A quel punto si avvia la lama che realizza ben 280 giri al secondo. Una potenza in grado di tagliare il ferro.
Sono momenti terribili. Neanche il tempo di rendersene conto, che il flessibile prende velocità. Gianmarco allenta d’istinto la presa. «In quelle frazioni di secondo ho immaginato la scena: le dita, tranciate, che cadevano una ad una; il sangue che mi avrebbe fatto perdere i sensi. Invece, niente di tutto questo. Ho cominciato a guardarmi, a toccarmi. Ho girato e rigirato la mano per vedere se c’era qualche taglio. Nulla. Piccoli e insignificanti graffi».
L’uomo prende fiato, cerca di capire come può essere successo. Si rende conto della gravità dell’accaduto, ma anche dell’inspiegabile esito finale: «Sono sempre stato una persona razionale – confida –. Quella sera ho osservato attentamente tutto. Ancora spaventato, ho notato due lampadine: una di queste si spegneva e si riaccendeva. Ed è stato in quel momento che i miei perché, le sicurezze, le spiegazioni si sono fermati di fronte a qualcosa di più grande di me, di inspiegabile». Gianmarco torna a casa, cosciente di averla scampata bella. Le sue mani sono salve. Qualcosa, Qualcuno, dall’alto l’ha aiutato. «Quel giorno – dice – era il 13 novembre».
Un amore che ci abbraccia
Lui attribuisce l’intervento miracoloso a sant’Antonio. «Questo episodio mi ha fatto pensare molto. Ho avvertito il senso della fragilità umana, ma anche di aver avuto una forte grazia». E aggiunge: «Spesso pensiamo di essere soli. Ma non è così. C’è sempre l’amore di Dio che ci abbraccia, consola, preserva. Lo fa anche attraverso i suoi santi. In questo caso, sant’Antonio».
«Nel Vangelo accadono molti episodi miracolosi – aggiunge il rettore della Basilica, dopo aver ascoltato la testimonianza di Gianmarco –. Ognuno li interpreta a suo modo. Ci sarà sempre qualcuno che sosterrà che il tuo flessibile si è bloccato perché non ha funzionato bene». E aggiunge: «Se una persona vuole lasciarsi interrogare, può farlo, dando spazio al mistero del Vangelo, attraverso sant’Antonio, Gesù Cristo, Dio. Tu sei stato toccato dalla grazia. Nonostante la tua razionalità».
Gianmarco lascia la Basilica felice. Porta con sé le parole del rettore del Santo e del direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio»: «Sant’Antonio è una specie di autostrada che ci porta a incontrare Dio nella nostra vita. Riconoscere i momenti di grazia aiuta a ridare il giusto equilibrio alla nostra esistenza, ai nostri progetti, alle relazioni. Il Signore ha bisogno di persone che stiano in questo mondo per costruire vita. Vita vera».
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