Spaventapasseri nella nebbia
Cercavo una foto per raccontare l’inverno.
Non sono bravo a fotografare i paesaggi. Ho sempre bisogno che ci sia un uomo da qualche parte. Magari di lato, sull’orizzonte, ma un uomo ci deve essere. Fa parte della Terra.
Ho in mente un’altra foto, ma poi m’imbatto in uno spaventapasseri. Un contadino deve averlo lasciato lì anche in questi mesi in cui non vi è bisogno del suo lavoro. La foto è stata scattata nelle campagne piemontesi. Era un giorno di nebbia. Una schiarita, una bolla di luce e lui è apparso. Con l’aria un po’ beffarda. Non sembrava infelice di essere rimasto all’aperto nei mesi dell’inverno.
Ricordo una vecchia canzone di Syd Barrett, il leggendario e folle fondatore dei Pink Floyd: «Lo spaventapasseri è più triste di me/ma ora è rassegnato al suo destino».
Ma lui, davanti a me, ha un corpo che sembra in movimento, ha i baffi, l’aria divertita e un berretto al posto del cappello di paglia.
Raccontano che ha fatto un patto con i passeri: si offre come trespolo, le sue spalle come luogo di riposo. In cambio gli uccelli lasceranno crescere l’orzo e il grano, con la promessa che potranno sfamarsi con i chicchi caduti a terra dopo il raccolto.
Lo spaventapasseri sa che le giornate si stanno allungando visibilmente. L’inverno sta finendo.