Chiaro, una seconda vita da astrofisico
Paolo Coelho ha scritto: «Credo che solo una cosa renda impossibile la realizzazione di un sogno: la paura di fallire!». Una paura che Graziano Chiaro non ha mai avuto, nemmeno quando, nel 2013, decise di dare un taglio al suo lavoro di manager industriale per riaprire i libri e coronare una vecchia ambizione: quella di studiare le stelle.
Padovano di nascita e veneziano d’adozione, Chiaro è sposato e ha quattro figli. All’attivo vanta anche alcune pubblicazioni, tra cui dei romanzi brevi. Si è laureato in Chimica a Padova nel 1981, specializzandosi sulla radioattività. Poi, a causa del precariato nella ricerca, l’anno successivo ha lasciato il mondo accademico per entrare in quello dell’impresa.
«Ho lavorato con grandi multinazionali americane nel settore chimico – racconta Chiaro –. Mi sono occupato di marketing dei prodotti chimici, fino a diventare direttore generale di un paio di aziende italiane. Poi ho fatto anche il consulente di direzione aziendale».
A 65 anni la svolta. Chiaro non ha ancora raggiunto l’età della pensione. Ma decide di realizzare un vecchio sogno: studiare le stelle. E senza nessun «precedente» in famiglia. Il papà è stato per molti anni direttore del celebre Caffè Pedrocchi di Padova. Il fratello un manager industriale. «La mia passione è nata probabilmente in seguito alle mie letture giovanili, e grazie agli amici frequentati. La mia natura mi ha sempre portato ad essere attratto più dalle stelle che dal calcio».
Grazie alla laurea in Chimica, Chiaro decide di affrontare le prove di concorso per l’accesso alla Scuola di Dottorato di Fisica dell’Università di Padova, una delle eccellenze mondiali in questo campo. Quando entra in aula, gli altri giovani laureati lo scambiano per il professore. Vinto l’iniziale imbarazzo, diventa subito «uno di loro». E supera brillantemente quegli «esami che non finiscono mai», come avrebbe detto Eduardo De Filippo.
Sono anni di studio duri, impegnativi, dopo tanto tempo lontano dai libri e dai laboratori. Ma la passione è più forte. Corroborata dalle esperienze all’estero, in particolare all’Università di Stanford in California, e al Goddard Space Flight Center nel Maryland, a due passi da Washington DC. Tra tutte la più esaltante è quella alla NASA, l’agenzia spaziale americana. «È stato emozionante il momento in cui ho varcato, per la prima volta, il cancello con il mio badge della NASA. Entravo a far parte di quel mondo che prima era solo nella mia immaginazione».
Durante il dottorato, lavora con l’Istituto di Fisica Cosmica e Astrofisica spaziale di Bologna. Il momento culminante di questo sogno è stato qualche mese fa quando, alla conclusione del suo percorso formativo, Chiaro viene proclamato Dottore di Ricerca in Astrofisica nella storica Aula Magna del Palazzo del Bo dell’Università di Padova che ha legato il proprio destino scientifico a quello di Galileo Galilei nello studio degli astri.
«In questo momento il mio Istituto di riferimento è l’IASF, l’Istituto di Astrofisica Spaziale e di Fisica Cosmica di Milano, il più prestigioso in Italia, diretto dalla scienziata Patrizia Caraveo. Faccio parte di una collaborazione scientifica collegata a un satellite spaziale, il Fermi, che osserva le alte energie del cielo. I due centri di riferimento per l’utilizzo di questo satellite sono l’Università di Stanford e il Goddard. E oggi continuo come membro di questa collaborazione».
Com’è stato l’impatto alla NASA? «Il nome, come quello di Stanford, è altisonante. In realtà ci lavorano persone normalissime. Magari incontri gli scienziati più bravi del mondo in quel settore. Però si tratta pur sempre di persone. Anche lì, come dappertutto, ci sono quelle simpatiche e quelle antipatiche. E tra gli scienziati ho trovato anche un certo numero di italiani».
Ora Chiaro sta studiando il cielo delle alte energie, quindi i nuclei galattici attivi ma, come confida, «se partirà un grosso progetto, mi concentrerò sullo studio delle onde gravitazionali, collegato a quello precedente, cioè la fisica dei buchi neri». Nella sua agenda, ancora una volta, Stanford e il Goddard Space Flight Center. La pensione può attendere.