Da Lorenzo a Machu Picchu
Uno dei migliori ristoranti italiani del pianeta? Si trova dove mai ti aspetteresti, letteralmente fuori dal mondo e dai circuiti delle grandi città. Siamo in Perù, a 3.400 metri d’altitudine, alle pendici del Machu Picchu.
Anima di questo pezzo d’Italia in un luogo mozzafiato è un giovane chef italiano, Lorenzo Zanchin, padovano, alla guida di due locali: uno a Machu Picchu («Incontri del pueblo viejo»), il secondo («Carpe Diem cucina italiana») a Cusco.
«Siamo stati premiati con la “Q” di qualità assegnata ai migliori ristoranti italiani all’estero certificati attraverso le Camere di commercio italiane nel mondo – afferma Lorenzo –. In Perù, attualmente, siamo solo in due ristoranti ad averla». E pensare che nella vita doveva fare tutt’altro. «Sono farmacista, mi sono laureato nella prestigiosa università di Padova. Uso questo aggettivo perché quando si è all’estero, lontani da casa, si impara ad apprezzare di più i nostri grandi primati, la nostra storia incredibile, la nostra cultura. Il mio sogno era quello di fare il ricercatore farmaceutico, in una università americana, e magari inventare qualche medicina che salvasse tante persone. Purtroppo la vita del ricercatore in un’Italia in crisi è praticamente impossibile. Per questo, dopo qualche anno di lavoro come farmacista, ho lasciato il mio sogno e ne ho fabbricato un altro».
Lorenzo arriva in Perù nel 2013 grazie a un incontro. «Mia moglie “Liss” (Lisseth) è peruviana. Ci siamo conosciuti a Padova, città nella quale lei ha vissuto per dodici anni e dove ci siamo entrambi laureati. Gli zii paterni di Liss (una delle famiglie più antiche del villaggio di Machu Picchu) avevano da anni vari hotel e ristoranti turistici. Uno di questi locali (tutti in gestione) si è liberato a fine 2013. Ovviamente non ci siamo lasciati perdere l’occasione: in meno di un mese abbiamo lasciato tutto e preso un aereo con destinazione Perù. Ho iniziato come cuoco, pizzaiolo, barista, cameriere, lavapiatti dato che eravamo solo io, mia moglie e un dipendente. Poi l’attività è cresciuta, abbiamo assunto dipendenti, siamo finiti sulle pagine delle maggiori guide turistiche internazionali. Nel 2016 è nato il secondo ristorante, “Carpe Diem cucina italiana”, a Cusco, la città più vicina a Machu Picchu, e antica capitale dell’impero Inca, e un birrificio artigianale nel 2018, “Cusco Beer Company”. Attualmente, tra i vari rami dell’impresa, abbiamo trentacinque dipendenti per cui, per forza di cose, sono “solamente” direttore, anche se supervisiono tutte le settimane la qualità dei piatti, e “metto le mani in pasta” ogni volta che creiamo nuovi piatti, vale a dire mensilmente».
Nel 2017 Lorenzo e Liss sono diventati genitori di Antonio. «La mia passione è sempre stata il mondo della cucina. Da piccolo ogni scusa era buona per intrufolarmi nelle cucine delle mie due nonne con le quali passavo interi pomeriggi. Poi mi sono informato e ho letto molto. Ho sempre cercato di non improvvisare, utilizzando anche le mie conoscenze scientifiche che, in realtà, hanno molto in comune con la cucina. A darmi una mano, l’esperienza nel ristorante-agriturismo dei miei genitori nel quale ho lavorato come cuoco tutti i fine settimana».
In entrambi i locali, Lorenzo propone piatti italiani (a «Carpe diem» solo piatti italiani; a «Incontri» sono affiancati da qualcosa di innovativo). «Non mi definisco un tradizionalista: i miei piatti partono dalle radici della tradizione italiana, in generale da Nord a Sud, per evolvere acquistando un’anima propria. Cosa piace di più? Di sicuro le pizze: prestiamo tanta cura alla lievitazione, usiamo salsa di pomodoro cento per cento italiana, buona mozzarella e tecnica napoletana. E poi paste e carni con una variante “montanara” dato che siamo a 3.400 metri e il freddo la sera si fa sentire: proponiamo, allora, un sugoso ossobuco o un agnello brasato o tagliatelle al tartufo. Non utilizziamo pasta industriale. Gnocchi e pasta all’uovo sono tutti fatti a mano nella cucina del nostro ristorante, giornalmente e in bella vista al cliente che vede, osserva, impara e fotografa tutto il processo. Qui la pasta fresca è come quella di nonna Mirella in Italia che, con i suoi 80 anni, produce tutte le settimane la pasta fresca che si vende nell’agriturismo dei miei genitori. Senza parlare dei suoi gnocchi: dovrebbero iscriverli tra “le 7 meraviglie del mondo”! È lei che mi ha passato ricette e trucchi del mestiere fin da bambino. A Machu Picchu abbiamo cinque pizzaioli, tutti peruviani: hanno imparato il mestiere da me e da chi ha preso il mio posto nel bancone della pizza».
Lorenzo ha le idee chiare sul significato della cultura del cibo italiano. «All’estero si abbandonano velocemente i tanti campanilismi a cui siamo abituati in Italia, per abbracciare un’idea più ampia della gastronomia italiana da Nord a Sud, e più in generale della gastronomia mediterranea che non ha rivali al mondo. Nella mia cucina c’è tantissimo della cucina campana, siciliana, pugliese, romana: all’estero si capisce che l’unione fa la forza!».
Entrambi i locali sono in alta quota. «Al momento tutti i prodotti italiani che utilizzo (la certificazione prevede un uso di almeno il 60 per cento di prodotti italiani importati) arrivano a Lima. Il Perù è un Paese estremamente Lima-centrico. Ci vive il 60 per cento della popolazione complessiva e tutto ruota intorno alla capitale. Le città di provincia sono poco abitate e poco rilevanti, per cui tutti gli importatori sono a Lima. Dalla capitale i prodotti fanno un viaggio di tre giorni per arrivare a Cusco. Per il ristorante di Machu Picchu, una volta a Cusco, i prodotti vengono caricati su un treno merci. Il treno è l’unico mezzo per arrivare a Machu Picchu, e dopo due giorni giungono a destinazione. Nel caso di prodotti freschi come mozzarella, prosciutti, formaggi, tutto si spedisce per aereo da Lima a Cusco. Tanta logistica, tanta organizzazione, costi davvero molto, molto alti!».
1 comments