Responsabilità
Ci sono parole necessarie eppure in pericolo. Necessarie perché fondano il nostro vivere insieme; in pericolo perché il loro uso e abuso rischia di creare una facciata di cartapesta che nasconde il nulla.
Una di queste è «responsabilità». Una parola che è insieme personale e relazionale. Prendersi una responsabilità significa impegnarsi in prima persona ed essere pronti a rispondere delle proprie azioni e delle conseguenze che esse possono generare.
Agire responsabilmente (per un soggetto individuale, ma anche collettivo: un’impresa, uno Stato) è poi allargare lo sguardo al di là di un vantaggio immediato e parziale, e tenere presente il bene di tutti, comprese le generazioni future.
Non c’è responsabilità senza risposta a una situazione (e la radice è infatti nel verbo respondeo, rispondo) e senza riconoscimento di un legame che ci unisce ad altri. È proprio questo l’aspetto che rischia di rimanere in ombra, e di svuotare il termine del suo senso più autentico: non si risponde infatti solo di sé, ma si risponde anche al legame con altri.
Questo legame può mettere un limite (benefico) al nostro agire, perché il mondo sia più vivibile per tutti. Il vocabolario inglese contiene due parole che esprimono questi due aspetti: responsibility e responsiveness.
E poiché la lingua non è solo un insieme di etichette da appiccicare sui concetti, ma un modo di dare senso al mondo, forse dovremmo riflettere su questi significati e mettere più «responsività» nella nostra responsabilità.
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