Mario Giacomelli, «Io non ho mani che mi accarezzino il volto», 1961-63. © Archivio Mario Giacomelli

Giacomelli, fotografo e artista

C'è tempo fino al 3 agosto per visitare la mostra «Mario Giacomelli. Il fotografo e l’artista», a Palazzo delle Esposizioni (Roma). Oltre 300 scatti che ripercorrono tutta la carriera del grande maestro marchigiano.
| Luisa Santinello Redattrice

Sedici figure nere occupano uno spazio bianco come fossero sospese. Alcune fanno un girotondo, altre se ne stanno in disparte a guardare la scena. Anche se sembra costruita a tavolino, in realtà questa foto scattata nel Seminario di Senigallia ritrae i seminaristi in un momento di svago e di libertà. Sono appena iniziati gli anni Sessanta quando il fotografo Mario Giacomelli decide di trascorrere un anno al fianco degli aspiranti sacerdoti per indagare con l'obiettivo le origini della vocazione. Il risultato è una serie intitolata Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961-63), dall’omonima poesia di padre David Maria Turoldo. Fa parte proprio di questa serie l'iconica fotografia dei «pretini» che fino al 3 agosto si può ammirare a Palazzo Esposizioni di Roma nell'ambito della mostra «Mario Giacomelli. Il fotografo e l'artista», a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli. L'esposizione, così come la mostra «Mario Giacomelli. Il fotografo e il poeta», fino al 7 settembre a Palazzo Reale di Milano, rientra in un progetto espositivo concepito per celebrare i cento anni dalla nascita del fotografo marchigiano (Senigallia, 1925-2000). 

Con oltre 300 stampe originali, molte delle quali inedite e mai esposte, la mostra romana ripercorre l'intera opera fotografica del maestro, proponendo anche un focus sulle relazioni tra gli scatti del maestro e le arti visive contemporanee. Da qui la scelta di esporre lungo il percorso alcuni lavori di Afro (Afro Basaldella), Roger Ballen, Alberto Burri, Enzo Cucchi e Jannis Kounellis. Nucleo centrale della mostra è la sala dedicata appunto alla famosa serie Io non ho mani che mi accarezzino il volto, che donò molta fama a Giacomelli. Una sala concepita come una installazione, nell'ottica di rendere al massimo l'energia e la dinamicità circolare che anima tutta la serie di fotografie. 

Come scrive nel catalogo della mostra Bartolomeo Pietromarchi, «Mario Giacomelli non fu un semplice autodidatta appassionato di pittura e letteratura, ma una figura centrale nella cultura visiva italiana del secondo Novecento, capace di attraversare le grandi trasformazioni del linguaggio artistico». Non a caso, continua il curatore, la sua fotografia «fonde la documentazione con la trasfigurazione, la testimonianza con l’invenzione. È una fotografia che nasce da situazioni concrete – un ospizio, un seminario, la vita contadina – ma che si spinge ben oltre il dato visibile, trasformando ogni immagine in una scena interiore, in una visione poetica e personale del mondo. In questo senso, Giacomelli non è soltanto un autore “provinciale” che guarda all’arte e alla poesia: è un interprete lucido e radicale del passaggio dal moderno al contemporaneo».

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Data di aggiornamento: 19 Giugno 2025