Poesie che sono poco più che un fiato, una scommessa di essenzialità e di brevità in un tempo, il nostro, che le parole le spreca, oltre che urlarle o usarle come clave sulle teste degli altri. Una scommessa vinta che ogni parola sussurrata possa far nascere pensieri, domande, emozioni, squarci di luce: «Porgere la parola / al silenzio / come all’amata / un fiore». La realtà colta nelle sue più delicate e non apparenti manifestazioni: «Si fa ronzio / il dolce dell’uva». Ispirate.
«Quale mamma? Quale casa? Sembra che nelle mie vene circolino due sistemi venosi con due sangui». Ecco il dilemma di Gholam Najafi nell’autobiografia che prosegue e amplia il suo primo libro, Il mio Afghanistan, in cui aveva percorso la sua vicenda di ragazzo che scappa dal Paese d’origine e giunge in Italia, ormai diciottenne, dopo un viaggio drammatico ed estenuante, specialmente nei passaggi di frontiera.
Un piccolo viaggio nel mondo dell’antropologia partendo da dieci parole. A scriverlo Marco Aime, che l’antropologia la insegna da anni nelle aule universitarie e che dell’antropologia è uno dei massimi studiosi in Italia e non solo.
Le notizie virali si diffondono in fretta, grazie ai social. Ma migliaia di anni fa alcune notizie, senza web, girarono il mondo: forza virale del Vangelo!