Antonella Attili: «Il tempo è prezioso, curiamolo!»
Cinema, teatro e tv. Registi importanti, film comici e drammatici. Donne buone, cattive e simpatiche. Madri disperate o felici, madri innamorate e coraggiose. Tutto questo è Antonella Attili, attrice raffinata dotata di grande tecnica, che in scena riesce a declinare le emozioni rendendo i suoi personaggi unici. Nel 1988, a soli 25 anni, l’esordio con un film da Oscar, Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Il regista siciliano la sceglie anche per Stanno tutti bene con Marcello Mastroianni e L’uomo delle stelle. Negli anni a seguire Antonella Attili è diretta da altri grandi registi italiani e stranieri, su tutti: Pupi Avati, Ettore Scola, Margarethe von Trotta, Stefano Incerti, Fatih Akin, Marco Ponti e Antonello Grimaldi. L’anno scorso per il ruolo della signora Lella, la madre del protagonista nel film Tolo Tolo di Checco Zalone, ha ricevuto la candidatura ai Nastri d’Argento come miglior attrice comica.
Da tre stagioni è nel cast della soap di Rai Uno, Il Paradiso delle Signore. Il suo ruolo, molto amato dal pubblico e dalla critica, è quello di Agnese, una donna del Sud che, nei primi anni ’60, diventa un esempio di emancipazione femminile. Con un personaggio del passato Antonella Attili porta in scena tematiche purtroppo ancora attuali, come la violenza psicologica e fisica che molte donne non hanno il coraggio di denunciare. Grazie al suo personaggio è riuscita ad aprire sui social network discussioni profonde con altre donne, confermando quello spessore umano e culturale che l’attrice porta sempre con sé in scena. In realtà, però, Antonella Attili non è nessuno dei suoi personaggi. E questo non fa che confermare la sua bravura artistica e la sua capacità di trasformazione. Nella vita privata, l’attrice è una donna diretta, a tratti timida. Sincera. In lei colpisce la mancanza di qualsiasi tipo di orpello.
Msa. Perché, nonostante un mestiere, quello dell’attrice, che espone e porta alla notorietà, lei ha deciso di non apparire molto?
Attili. Da sempre mi preoccupa il fatto che il mostrarsi venga prima del senso vero e proprio di questo lavoro e di tutto ciò che c’è dietro, come la formazione, il rigore, lo studio. Elementi fondamentali che necessitano di tempo e cura, quel tempo che viene meno quando ci si dedica più all’apparire che all’essere. Esporsi può essere per alcuni versi vantaggioso, ma non è mai stato quello, per me, il senso del mio lavoro. Dare valore a cose che non mi appartengono, come tutto ciò che gira intorno alla notorietà, porta via del tempo, tempo durante il quale io cerco l’ispirazione per i miei personaggi, studio, osservo.
A che cosa si ispira e a che cosa pensa quando inizia a studiare un nuovo personaggio?
L’umanità per me è grande fonte di ispirazione. Osservo molto ciò che mi circonda, per poi trasmettere un personaggio cercando di non essere mai superficiale, perché chi comunica, nel mio caso con la recitazione, ha sempre delle responsabilità. Deve trasmettere messaggi che siano esempi stimolanti. Per farlo, però, bisogna mantenere un po’ di purezza, di integrità, di pudore, anche se purtroppo si pensa sempre che l’artista debba essere per forza un esibizionista che fa vedere, fa sapere al mondo quello che è, quello che fa, ostentando tutto se stesso anche su più piattaforme web. Per mia natura e per mia scelta, io non ci riesco. A me piace coltivare e sviluppare interessi personalissimi che sono lontani da ciò che magari ci si aspetta da chi fa il mio mestiere.
La rivoluzione digitale ci obbliga a riflettere di continuo su che cosa siano l’essere umano e le relazioni. Secondo lei questo è una conquista positiva o a una sconfitta per l’umanità?
La tecnologia è un’opportunità di lavoro, di contatto, di cambiamento alla quale non possiamo più sottrarci, ma, come ha scritto papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti, «Nella comunicazione digitale si vuole mostrare tutto ed ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e divulgano spesso in maniera anonima». Sono parole che ho sentito vicine alla mia sensibilità. L’uso esagerato dei social sta generando un numero sempre maggiore di persone frustrate che, confrontando le loro vite «normali» con quelle patinate che si ostentano sui social, che suscitano invidia e alimentano l’odio, si incattiviscono. Tutto ciò, insieme all’involgarimento dell’umanità, e anche dei temi trattati al cinema o in tv, mi spaventa. La mancanza di gentilezza nei modi, nei gesti, nel linguaggio, insieme alla sempre più frequente carenza di educazione nelle nuove generazioni, mi offende e mi fa sentire molto poco in sintonia con quello che mi circonda. La letteratura, il cinema, la poesia sono il mio riparo. Fortunatamente non mi lascio coinvolgere da ciò che piace agli altri e da ciò che va di moda. Mi sento un po’ fuori tempo e non amo disperdermi in cose che non sento mie. Bisogna usarlo bene questo tempo che abbiamo, dobbiamo renderlo ricco. Non va speso, va curato.
C’è qualcosa che la spaventa in questo momento così difficile?
La povertà umana e il numero sempre crescente di poveri del mondo, la poca attenzione verso gli ultimi. Questo mi spaventa.
Tanti giovani sognano di fare gli attori: ha qualche consiglio per loro?
A loro vorrei dire che purtroppo molto spesso in questo mestiere non si premiano la formazione e l’impegno. Con il tempo sono cambiate tante cose. Una volta c’erano le scuole che avviavano a questa professione, oggi si arriva a fare l’attore grazie ai talent, sempre più spesso si arriva dai concorsi di bellezza, ci si improvvisa perché non è richiesta una formazione o un curriculum. È tutto casuale, generico e la fortuna dà una bella spinta. Purtroppo uno dei principali problemi del nostro tempo è che non c’è nessuno che sappia marcare le differenze e giudicare tecnicamente il lavoro dell’attore. In questa situazione, chi rischia di pagare il prezzo più alto sono i giovani, con i quali bisogna invece essere onesti. Vanno spinti sulla strada più giusta, quella della formazione e dell’impegno. D’altro canto, è anche importante che non si lascino sopraffare dai provini andati male, dai momenti di buio. Bisogna essere pronti ad affrontare e gestire le delusioni, se si vuole fare questo mestiere.
È difficile conciliare il lavoro di attrice con quello di madre?
Conciliare il lavoro, qualsiasi lavoro una donna svolga, con la maternità è un impegno. Il ruolo di madre è per sua natura complicato, difficile e nient’affatto naturale o supportato da indole, come spesso siamo abituate a sentire per credo popolare. Essere madre è un collaudo reciproco, è qualcosa che spesso impari sul campo e dagli errori che fai. In questo momento così difficile credo comunque che la cosa più importante sia esserci, anche con le proprie insicurezze e fragilità. Essere un esempio di vitalità e di energia positiva e accettare i figli per ciò che sono: esseri distinti da te.
Che cosa spera per il futuro?
Spero di mantenere sempre la capacità di stupirmi. Spero che la vita continui a sorprendermi, sempre e ancora...
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