02 Febbraio 2021

La poesia, medicina dell’anima

Combattere il disagio interiore a suon di rime è possibile. Tre esperienze virtuose in Veneto, Puglia e Toscana.

La poesia, medicina dell’anima

Veneto / Il libraio, il telefono, la bicicletta. Una poesia

Matteo Barbieri è un libraio allegro. Vive nel nord-est delle terre veneziane. Ama il buon vino e la poesia. Da cinque anni, per qualche settimana all’anno, nella buona stagione, sale sulla sua bicicletta Gravel e viaggia con un cesto colmo di poesie. Si ferma in una piazza e le legge. Nei mesi del confinamento, un anno fa, ha cominciato a leggere poesie al telefono. Ne ha ricopiate cento e cento da un taccuino: Carver, Giovanni Raboni, Chandra Livia Candiani, Antonia Pozzi, Roberto Bolaño, Franco Arminio.

Ha letto per un mese di fila. Una bambina ha chiamato per farsi leggere una favola; una ragazza ha chiesto una poesia perché doveva prendere «una decisione importante»; ragazzi hanno chiamato giocosi da un’osteria. Oggi, Matteo dedica alla «poesia al telefono» una domenica, un’intera domenica, fino alle otto di sera, ogni due mesi. «Sono molti a scrivere poesie, pochi le leggono – dice Matteo –. Vi è un grande bisogno di poesia».  

(Il telefono di Matteo: 348.7726327; Facebook: Dice il serpente - Libraio errante - Poesie al telefono per tempi difficili)

Puglia / La bellezza della cura

«Da quando la pandemia ha reso la vita difficile a tutti, ho capito che non potevo più aspettare». Conosco Silvana Kühtz da qualche anno: poetessa, è docente universitaria a Matera. La conobbi a un corso di lettura sulle montagne lucane: fu una storia bella. Silvana, assistendo i suoi genitori, si era resa conto che, negli ospedali, vi era, spesso, «assenza» di parole. «Si parlava solo di diagnosi e di malattie – spiega –, ma vi era silenzio sulle emozioni, sui sentimenti, sulla speranza. Sulla bellezza». Silvana si chiese: «Cosa succederebbe se i pazienti potessero ascoltare Leopardi?». Cosa succederebbe a rendere accessibile la poesia nei luoghi di cura?

Silvana è ostinata: ha coinvolto medici ed artisti. Ha sfidato i tempi cupi del virus e, a dicembre, ha creato il sito «La bellezza della cura». Un piccolo successo: vi si trova, ogni giorno, una playlist di ascolto di suoni e parole. Vi è la possibilità di lasciare un commento. «È accaduto che alcune persone anziane hanno ripreso a parlare dopo gli ascolti quotidiani. Ci sono state reazioni fisiche di allegria». Enrica, dottoressa a Monopoli, in Puglia, si è lasciata sorprendere: «Anche noi medici ci siamo lasciati curare dalla poesia, abbiamo abbassato le nostre difese. I pazienti ben curati possono a loro volta curare i medici». 

(Prescrizione «medico-poetica»: una volta al giorno andate su www.labellezzadellacura.it. È una eccellente terapia)

Toscana / Medicina dell’anima

«Sono Letizia, lei sa perché la sto chiamando?». A volte chi riceve la telefonata lo sa, a volte no. Perché è un regalo. Un dono, spesso, inatteso. Per un compleanno, per un anniversario. Un amico, un familiare, un amore ti ha regalato una poesia, una canzone. Una poesia, una canzone al telefono. Scatta un’emozione. A novembre fra Firenze (teatro della Pergola) e Parigi (Théatre de Ville) sono cominciate le «consultazioni poetiche al telefono». Attori e cantanti italiani sono diventati «medici», hanno ascoltato «pazienti» all’altro capo del telefono e hanno «prescritto» una cura per l’anima. Hanno offerto la loro voce e i versi dei poeti, le canzoni di grandi cantanti.

«La voce è intensità, restituisce “intenzione”, entusiasmo. Più dei video» mi spiega Letizia Fuochi, artista fiorentina. Ci si iscrive sul sito del Teatro fiorentino della Pergola. Si fissa un appuntamento. Consultazioni al pomeriggio. Fra le cinque e le sette. Almeno quattro visite. È un dialogo, un incontro. Cinquecento persone, negli ultimi tre mesi, hanno chiesto una visita poetica. Si ha bisogno di poesia o di una canzone per allegria, per affrontare un dolore, un disagio. «È davvero una medicina dell’anima» dice Letizia. Non sai chi c’è al telefono: chiama una donna analfabeta di un piccolo paese di campagna, un professore di matematica di Milano, un uomo ricoverato in una Rsa, un professionista di Bergamo, una donna sopravvissuta a una grave malattia. «Le parole sono una magia».

Questa, fra me e Letizia, non è più un’intervista, è una complicità: ci emozioniamo e Letizia canta anche a me una canzone. Chavela Vargas: «… Abrir balcones y abrir las ventanas/Y las muchachas en abril…». E mentre Letizia suona e canta, le prime rondini passano nel cielo. 

(www.teatrodellapergola.com/consultazionipoetiche/; e-mail: consultazioni@teatrodellatoscana.it)

 

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Data di aggiornamento: 02 Febbraio 2021
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