Colonia sì, colonia no
C’è un ricordo legato alle estati di quando ero piccolo che mi fa sorridere e al contempo suscita ancora un po’ di paura. Sto parlando di una frase, di solito pronunciata a ridosso della partenza, allora molto usata e ai confini della minaccia: «Se non ti comporti bene, quest’anno vai in colonia!».
La colonia, proprio lei, uno spauracchio ben noto ai bambini della mia generazione che, puntuale come un orologio svizzero, accompagnava l’arrivo delle sospirate vacanze, prontamente scatenato dai genitori al primo accenno di capriccio.
Regole ferree, bambini col cappellino in fila indiana, cibo insipido, maschi e femmine rigorosamente divisi, tutti composti, tutti in divisa per risultare un gruppo uniforme, insomma un vero incubo temuto da tutti i bambini di allora.
Ma che cosa destava tanta paura? Era forse la severità dei responsabili? Gli orari? La lontananza dalla famiglia? Probabilmente tutte queste cose insieme, ma forse più di tutte un obbligo sotteso: omologarsi, non differenziarsi, restare tutti uguali. È chiaro che rendere tutti uguali, anche visivamente, permetteva di identificare meglio i ragazzi e di tenerli più facilmente sotto controllo, di non sporcare i vestiti, di superare le divisioni di classe, mettendo i più poveri alla pari dei ricchi, così come per lungo tempo è valso per i grembiuli.
Oggi i tempi sono cambiati e le proposte estive, tra campi, ritiri, gite, vacanze studio davvero si sprecano. L’offerta che viene proposta ai genitori di oggi, sempre più in difficoltà a causa dei tempi del lavoro, che forse è diminuito ma è diventato più pervasivo, è pensata per tutte le età, gusti, esigenze e capacità dei ragazzi.
Al centro resta il desiderio di restituire uno spazio di libertà che va in direzione opposta a quello della vecchia colonia, a favore del divertimento, del gioco e dell’espressione di sé. Più che confezionare attività più o meno accattivanti, credo che, nel passaggio dal vecchio al nuovo, il mondo educativo debba preservare l’attenzione verso la costruzione di spazi e occasioni di conoscenza personale e reciproca.
Uscire fuori di casa per vivere un’esperienza con i propri coetanei in un luogo con regole nuove, fatte per essere ripensate e ricostruite insieme, si dimostra, quasi sempre per tutti, un’importante occasione di crescita. Valorizzare il tempo dedicato alla programmazione così come alla costruzione di gruppi il più possibile misti per sesso, cultura, nazionalità e caratteristiche fisiche, dovrebbe essere la priorità dei gruppi educativi di oggi.
Solo se sapremo partire dalle differenze, dalle difficoltà e dalle abilità che caratterizzano ogni piccolo corpo e ogni piccolo carattere, sfuggendo l’omologazione, riusciremo a trasformare un’occasione temporanea in un tempo dilatato e degno di essere ricordato.
Un tempo fatto di incontri, spaventi, cadute, risate, pianti, amori corrisposti o non corrisposti, amicizie, cose nuove da imparare e situazioni complesse per sé e per gli altri che ci si scopre capaci di risolvere. Il bagaglio che i ragazzi riporteranno sui banchi di scuola è infinito e fondamentale per ridisegnare la loro identità e autostima.
E voi, vorreste ritornare in colonia? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.