Corse pasquali
Qualcuno ha detto che le religioni non solo non hanno mai salvato gli uomini, ma qualche volta hanno pure rovinato l’umanità. Qualcuno, sconsolato, dice che basta che ci guardiamo attorno: per vedere quanti guai e, soprattutto, quanto male in nome di Dio, in qualsiasi lingua lo si nomini.
Ed io penso che sia vero. Gesù non è il fondatore di una delle tante e nobilissime (in realtà non sempre nobilissime) religioni, che magari cercano o pretendono pure un posto al sole tra i potenti di questa terra, nella pretesa non solo di educare le coscienze e testimoniare un certo stile di vita e di relazioni tra Dio e gli uomini e tra gli uomini tra di loro, ma anche di determinare le scelte politiche. Religioni che diventano spesso ideologie, ormai incapaci di vivere di vita propria: ma semmai avendo bisogno di altre, simili o contrarie, ideologie a cui contrapporsi.
Cristo è invece un avvenimento, una persona, vero Dio e vero uomo, che porta nella storia una speranza mai prima sperimentata dagli uomini, proprio perché reale, incarnata, provvista di un volto e di una fisionomia precisa. Per questo è beato l’incredulo Tommaso, che sa che il Cristo, pur risorto, deve restare «carnale» con tanto di ferite della croce. E che questa carne porterà dritta dritta nel cuore di Dio, all’Ascensione. Per questo sono beate le corse di Pietro e Giovanni, sbigottiti dall’annuncio di Maria Maddalena e delle altre donne, a loro volta corse al Cenacolo ad annunciare che il Signore non c’era più nella tomba.
E beata è la corsa di Cleopa e dell’innominato amico da Emmaus a Gerusalemme. Ecco, quando penso alla Pasqua mi viene in mente l’immagine bellissima (e poco clericale) di questi due ragazzi che corrono a perdifiato, il cuore in gola (e mica solo per i chilometri, quanto per l’emozione). Beato il loro impeto, la loro baldanza, il loro slancio! Scrive sant’Antonio di Padova: «Apparve ai due discepoli diretti a Emmaus. Emmaus s’interpreta “desiderio di consiglio”, del consiglio dato dal Signore che disse: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri” (Mt 19,21). I due discepoli rappresentano i due comandamenti della carità: l’amore di Dio e del prossimo. A colui che ha la carità e che desidera essere povero come Cristo, appare il Signore» (La Pasqua del Signore [1] 4). Questa è la vera «rivoluzione cristiana», senza bisogno di moschetti né stendardi né divise.Questa è Pasqua!!!
Ma che dice questa “pasqua” a noi, oggi? In questo tempo funestato da attentati terroristici, guerre assurde, corruzione dilagante, violenza alle donne, disuguaglianze che gridano vendetta davanti a Dio, nuovi e vecchi muri, disastri ambientali, egoismo talvolta assurto a stile di vita? Eh?!