Qayyarah (Iraq), 31 ottobre 2016. Una donna sfollata attraversa con due bambini un posto di blocco, 50 chilometri a sud di Mosul. © Alessio Romenzi / Molichrom 2025

In fuga dalla guerra

Madri, minori, anziani, malati, invalidi. Sono le prime vittime di ogni guerra. E non hanno armi per difendersi se non quella di scappare. A Campobasso, le foto di Molichrom rendono omaggio ai profughi di tutti i conflitti.
| Alessandro Bettero Caporedattore

La più drammatica forma di nomadismo è quella rappresentata dai profughi in fuga dai teatri di guerra. Questo è il tema dell’edizione 2025 di Molichrom, il Festival internazionale della fotografia nomade, in programma fino al 16 febbraio a Campobasso, in Molise. La manifestazione è nata in seno all’Associazione Tèkne, un gruppo di professionisti appassionati di cultura e arte, impegnati nella promozione del territorio.

Per il direttore artistico, Eolo Perfido, il Festival offre l’occasione di «trasformare il nomadismo forzato da tragedia umanitaria a opportunità di rinnovamento sociale e culturale». Quella dei profughi di guerra è una tragedia che si ripete senza sosta da secoli. Ogni conflitto ha sempre prodotto migliaia, se non milioni di fuggitivi, scappati con pochi beni, più spesso senza nulla, pur di salvare sé stessi e i propri familiari. «Dalle antiche deportazioni assire alle ripetute migrazioni di rifugiati o di richiedenti asilo, il conflitto armato continua a essere la principale causa di spostamenti epocali di masse incalcolabili di uomini e donne» alle quali è rimasta una sola speranza: quella di sopravvivere.

Oggi il nomadismo bellico assume forme diverse rispetto al passato ma non meno drammatiche. «I conflitti moderni, spesso caratterizzati da guerre civili e crisi prolungate, creano situazioni di sfollamento che possono durare generazioni. I campi profughi, concepiti come soluzioni temporanee, diventano sovente insediamenti semi-permanenti dove si sviluppano nuove forme di società nomadi urbane», ma anche sacche di emarginazione, di violenza e sopraffazione. «Il rapporto tra guerra e nomadismo è uno dei più complessi fenomeni del nostro tempo. Comprendere questa relazione è una necessità pratica per sviluppare risposte più efficaci alle crisi umanitarie».

L’evento principale del Festival, «L’ultimo ballo: vite sospese al tempo di guerra», è dedicato al fotoreporter Alessio Romenzi. I suoi scatti esplorano le zone di guerra più calde del pianeta e gli effetti che i conflitti hanno sulla popolazione civile, in particolare in Ucraina, Siria, Afghanistan, Palestina, Yemen, Iraq, Libia e Libano. Legati a questo evento, in una sorta di dialogo iconico, sono i volti e le storie di «Verso casa»: una galleria di ritratti, realizzati da fotografi molisani, dei rifugiati che hanno trovato ospitalità nel territorio regionale, a testimonianza del fatto che le conseguenze delle guerre ci chiamano in causa direttamente, restituendoci il bagaglio di resilienza e di speranza che questi profughi portano con loro.

Molichrom, il Festival internazionale della fotografia nomade, ha l’ambizione di costituire uno spazio privilegiato di riflessione sui fenomeni della mobilità umana forzata, e sulla possibilità concreta di gettare ponti di collegamento tra culture diverse per favorirne il confronto e l’empatia

Data di aggiornamento: 06 Febbraio 2025